Vimercate: morì dopo il partomedici dell’ospedale condannati

Due condanne per la morte della neonata avvenuta all'ospedale di Vimercate a luglio di quattro anni fa, a pochi giorni dal parto. La sentenza è stata pronunciata nei confronti del ginecologo e dell'ostetrica che hanno seguito il parto ed il travaglio di una signora monzese di 40 anni.
Vimercate: morì dopo il partomedici dell’ospedale condannati

Vimercate – Due condanne per la morte della neonata avvenuta all’ospedale di Vimercate a luglio di quattro anni fa, a pochi giorni dal parto. La sentenza è stata pronunciata martedì dal giudice del tribunale di Monza Patrizia Gallucci, nei confronti del ginecologo e dell’ostetrica 38enne che hanno seguito il parto ed il travaglio di una signora monzese di 40 anni. In attesa di conoscere le motivazioni della sentenza, il magistrato ha riconosciuto pari responsabilità in capo ai due professionisti, condannati a sei mesi ciascuno con l’accusa di omicidio colposo.

Inutile il rimpallo di responsabilità tra i due imputati, portato avanti in aula dagli avvocati della difesa. Un parto drammatico, quello vissuto dalla signora monzese, caratterizzato dalla rottura dell’utero nel corso del travaglio e da “gravi ritardi” nelle condotte degli imputati. La responsabilità professionale, risiede nell’aver omesso il monitoraggio e l’adeguata sorveglianza della paziente nell’evoluzione del travaglio, e nell’aver trascurato i segni “altamente suggestivi” della rottura dell’utero della partoriente.

La bimba si sarebbe potuta salvare, stando alle tesi dell’accusa accolte dal giudice, con una decisione più tempestiva di procedere al cesareo, che in questo caso sarebbe stato tardivo. Il travaglio, inoltre, sarebbe stato accelerato mediante la somministrazione di ossitocina, in dosi e modalità non corrette. Un aspetto della vicenda che ha colpito molto, a parte il racconto drammatico della madre, è stata la circostanza, riferita dal padre, in base alla quale il ginecologo imputato avrebbe lasciato la donna in sala parto nel momento più drammatico del travaglio, quando cioè la stessa era svenuta per il dolore, dovuto probabilmente alla rottura dell’utero.

“Le infermiere hanno sollevato le gambe di mia moglie, che ha ripreso conoscenza- stando alla deposizione del marito della donna, depositata tra gli atti del processo- il dottore si è affacciato nella stanza (senza camice e con la borsa in mano) e ha detto che non poteva aiutare, anzi doveva andarsene perché aveva un appuntamento”. Tra i testimoni, si era presentato anche un collega dell’imputato, il medico di Vimercate che ha seguito la madre durante la gravidanza: “ho saputo di quanto era successo, ma non ho guardato la cartella clinica; ho chiesto spiegazioni, e mi è stato riferito che il dottore era impegnato in un altro intervento; mi ha detto che l’ossitocina è stata data dall’ostetrica senza il suo assenso”.

Aspetto, quest’ultimo, negato con decisione dall’imputata. Il processo, infine, ha visto il confronto tra consulenti di accusa e difesa, che hanno dibattuto sull’esistenza del nesso di causalità tra la condotta dei due imputati e la morte della neonata, avvenuta a quattro giorni dalla nascita. Federico Berni