«È un miracolo se siamo vivi»Il racconto di un ferito monzese

Il drammatico racconto dell'unico monzese coinvolto nella sciagura, Luigi Sirtori: l'articolo pubblicato sul Cittadino di giovedì 14 settembre 1961 a quattro giorni dalla tragedia a firma di Giovanni Fossati.
«È un miracolo se siamo vivi»Il racconto di un ferito monzese

Monza – «Il drammatico racconto dell’unico monzese coinvolto nella sciagura e miracolosamente scampato» è il titolo dell’articolo pubblicato sul Cittadino di giovedì 14 settembre 1961 a quattro giorni dalla tragedia a firma di Giovanni Fossati.

Veloci ed assordanti come uno stormo di reattori, i bolidi sfrecciano davanti alle tribune ove la folla s’accalca paurosamente come poche volte s’era visto all’autodromo. Siamo appena al secondo giro della tanto strombazzata corsa che aveva riscaldato gli animi degli amanti del brivido sul filo dei 200 orari ed aveva persino interessato i cultori della vita quieta e sedentaria. ll rombo dei motori non riesce a sovrastare l’urlo spontaneo di decine di migliaia di spettatori avvinti dallo spettacolo di temerarietà offerto dai piloti ancora impegnati in una mortale sfida per conquistare le prime piazze: vicinissimi gli uni agli altri,compiono inverosimili manovre pur di riuscire a distanziarsi, ben sapendo di essere in balìa della velocità, la micidiale arma dalla quale non è praticamente impossibile difendersi.La gente,assistendo a queste competizioni,vuole precisamente saziarsi di paura non tanto per sè quanto per i concorrenti, e grida, s’esalta… si diverte.

Non v’erano forse, domenica all’autodromo, anche donne e persino bambini in quantità come se,anzichè ad una corsa che si preannunciava tirata alla morte, si fosse trattato di una innocua fiera strapaesana? Si esalta la folla perchè anche Baghetti tiene testa agli scatenati stranieri della Ferrari e perchè le macchine inglesi dànno ancora impressione di poter competere con le possenti macchine italiane, rendendo così incerto l’esito della corsa. Poi ci si accorge che, improvvisamente, non sono più transitati i corridori Von Trips e Clark. Giù in fondo,verso la curva di Vedano si vede la folla ondeggiare e subito si dice:saranno usciti. Fatto il pensiero, l’attenzione è ancora assorbita dal brivido che viene dalla pista. Intanto, laggiù e avvenuta la carneficina anche se la corsa continua perché sarebbe peggio sospenderla.

Stoneranno, piuttosto, al termine le note degli inni nazionali, americano ed italiano, per il successo del pur meritevole Phil Hill su Ferrari,quando non molto lontano dal traguardo sono sempre di una impressionante evidenza i segni della tragedia.Sarà di una stridente inopportunità il mazzo di fiori offerto al campione che ha trionfato,perchè quei fiori dovevano invece essere posti sul luogo di morte e di dolore. E’ già stato scritto anche troppo sul come, il perchè ed il quando del luttuoso incidente che rimette in discussione il magnifico nostro autodromo e riporta l’automobilismo agonistico sul piano di aspre polemiche. Vogliamo perciò limitarci a brevemente descrivere la sciagura riportando le parole del 55enne Luigi Sirtori, da via Agnesi 3,il solo monzese rimasto coinvolto nell’incidente,dal quale è per fortuna e miracolosamente uscito quasi indenne. Proprietario di un’officina meccanica a Villasanta, pur essendo un esperto di auto e di motori, da parecchi anni, da quando era giovane, non aveva più presenziato ad una corsa in circuito.

Domenica si è recato all’autodromo per puro caso e solo all’ultimo momento per far compagnia al cognato Luigi Paleari,di anni 51 da Villasanta. Portatisi sul fatale terrapieno,stavano già per cambiare direzione,essendo la visuale impedita dalla ressa dei molti spettatori che premevano contro la rete di recinzione. Proprio in quel punto dove doveva avvenire la strage, un gruppo di valdostani, per meglio vedere, era anzi salito sul tetto di una utilitaria,sporgendo così col corpo dalla rete.Saranno poi tutti inesorabilmente falciati dalla macchina di Von Trips catapultata fuori dalla pista. La 18enne Franca Duguet, quasi una bambina per l’espressione ancora infantile del viso, sarà addirittura decapitata. Dimesso martedì sera come buona parte dei feriti, abbiamo potuto tranquillamente conversare col Sirtori nella sua abitazione.Senza enfasi, senza troppo calcare sulle parole,con freddezza e lucidità ci ha così descritto quel terribile attimo.

«E’ proprio un miracolo se io e mio cognato oggi siamo ancora tra i vivi. Volendo osservare bene i numeri delle macchine e rendermi così conto dell’andamento della corsa,all’inizio del secondo giro, quando sopraggiunsero i concorrenti, pur tenendo una mano appoggiata alla rete, sono arretrato di circa un metro, avendo così la possibilità di sovrastare, data la mia statura, le teste dei vicini. Ricordo bene d’aver visto passare le prime quattro macchine, poi improvvisamente ho udito uno schianto e contemporaneamente ho sentito una vampata,come di ferro rovente, passarmi sul viso, nel mentre venivo immerso in un polverone. Non fossi arretrato di quel metro scarso, anche per me sarebbe stata la fine. Pure mio cognato deve la sua salvezza alla particolare posizione assunta: per riuscire a vedere attraverso uno spiraglio aperto fra gli spettatori in prima posizione, sì era accucciato, tanto da non praticamente riportare conseguenza alcuna dall’incidente, se si eccettua un sasso volatogli addosso, scalfendolo alla testa. Non mi sono subito accorto di essermi ferito alla fronte e di perdere abbondante sangue. Tanto io quanto mio cognato istintivamente ci siamo precipitati giù dal terrapieno e, non appena diradatasi la nube di polvere, ritornando sui nostri passi, abbiamo visto l’orribile scena: quelli che pochi istanti prima erano a nostro stretto contatto, si trovavano tutti a terra ammucchiati,morti o feriti,chi mutilato e chi orrendamente sfigurato. Di quel gruppetto solo noi due eravamo rimasti in piedi e salvi».

Abbiamo poi appreso dal monzese superstite della carneficina, che si è portato presso una tenda della Croce Rossa, ove ha potuto avere un po’di cotone per coprire la larga ferita riportata in cima alla fronte. Quindi, con una macchina di fortuna, si è fatto ricoverare in ospedale ove è stato soccorso proprio mentre giungeva in astanteria il corpo inanimato del povero Von Trips che era deceduto sul colpo,una volta scaraventato fuori dalla macchina, abbattendosi sulla pista.Il sanitario tentò ogni messo per rianimare il pilota ma ormai tutto era vano. A proposito dell’opera svolta dai medici e dal personale dell’ospedale, il Sirtori si è espresso in termini superlativamente elogiativi:«Tanto io come gli altri feriti, anche più gravi di me, non possiamo che ringraziare chi ci ha curati tanto bene ed amorevolmente».

Conclusasi l’allucinante e sconvolgente scena del bolide salito a spazzar via esistenze umane aggrappate a pochi metri di rete metallica, per quindi subito concludere nuovamente in pista la sua mortale parabola, nel recinto dell’autodromo congestionato da una caterva di macchine e da masse di gente in movimento, incominciò febbrilmente e celermente l’opera di soccorso col dirottamento delle autolettighe verso gli ospedali di Monza e Desio o addirittura per il cimitero urbano. Il drammatico riconoscimento delle salme deturpate da un’orribile morte, l’agonia dei tre feriti che dovevano portare a quota 15 i decessi, lo strazio dei parenti delle vittime, la fine del piccolo Roberto Brambilla, di 6 anni,che ha seguito nell’aldilà il padre Mario, di anni 49, l’atroce destino che ha accomunato nella morte i due giovani fidanzati di Biella, il dramma del 18enne Ezio Fassi che solo ieri,a funerali avvenuti, è stato dimesso dall’ospedale perchè venisse a sapere il più tardi possibile che suo padre era stato tra le vittime della sciagura.

Questo,purtroppo,l’affrettato diario di tre giornate di dolore e lacrime. L’inchiesta della magistratura nelle persone del Procuratore di Monza dr. Arcidiacono, del sostituto dr. Gatti e del facente funzione di giudice istruttore dr. Improta, al fine di appurare responsabilità ed arrivare eventualmente a comprendere i veri moventi della strage; il lutto cittadino proclamato dal Comune per la seconda volta in soli 18 mesi, le ininterrotte visite ai feretri nella camera ardente presso la palestra del Palazzo degli Studi, i funerali di martedì pomeriggio ed infine, dopo i numerosi sopraluoghi effettuati sul posto della sciagura, da magistrati e tecnici, la riapertura avvenuta ieri dell’insanguinata pista per le normali prove tecniche. Quest’ultimo atto può sembrare apparentemente la definitiva chiusura del catastrofico capitolo del XXXII G.P. d’Italia,ma in effetti la corsa fatale continuerà ad avere una triste e dolorosa eco, con strascico di polemiche e di inchieste; soprattutto rimarrà impresso a lungo nelle menti di tutti il ricordo della terrificante ecatombe.
Giovanni Fossati
(giovedì 14 settembre 1961)