«Tragedia che non si dimentica»Monza ricorda le vittime del treno

Monza – «Oggi finalmente restituiamo un nome a questi diciassette sconosciuti». È riassunta nella commozione di Erminio Vismara un’attesa lunga cinquantuno anni. Tanto hanno dovuto attendere i parenti delle vittime dell’incidente ferroviario che il 5 gennaio 1960 spezzò le vite di diciassette cittadini, pendolari, studenti, lavoratori come tanti che quella mattina si trovavano sul treno partito da Olgiate Molgora e diretto a Milano.

La cerimonia – Sabato mattina, cinquantuno anni dopo, in quello stesso punto l’amministrazione comunale ha voluto posare una targa. Alla cerimonia erano presenti il presidente della Provincia, Dario Allevi, il sindaco Marco Mariani, Rosario Adamo, presidente della commissione Trasporti, il presidente della circoscrizione Uno, Massimiliano Longo, alcuni dei sindaci dei Comuni da cui quel giorno partirono alcune delle vittime (Olgiate Molgora, Lomagna, Bernareggio, Merate e un rappresentante dell’amministrazione di Palazzago). E poi loro, i parenti delle vittime e i sopravvissuti di quella tragica mattina di gennaio, quando arrivato all’altezza del ponte di viale Libertà il treno perse il controllo e uscì dai binari, schiantandosi al suolo.

L’eco della memoria
– Tante le storie e i ricordi di chi ha ancora davanti agli occhi l’orrore. «Avevo sette anni quando mio nonno, saputo dell’incidente, decise di portarmi con sé sul posto, per vedere se cosa fosse successo e per cercare di dare una mano», racconta il sindaco Mariani. Immediata fu la generosa disponibilità della gente del quartiere, che da subito si diede da fare per prestare soccorso ai feriti e aiutare i sopravvissuti. «Mia moglie Lina lavorava alla ditta Rossini, che si trovava proprio di fronte al ponte – ricorda Antonio Polastri -. Non era ancora arrivata al lavoro quando il treno si schiantò, ma sentì il boato e accorse subito». Immediata fu anche la risposta delle Ferrovie. «Appena saputo dell’incidente i colleghi da tutta Italia arrivarono a Monza per donare il sangue – spiega Giuseppe Cereda, ferroviere in pensione, che sul treno della morte rischiò di perdere il padre e la sorella -. Arrivò gente dalla Sicilia e dalla Calabria, fu un’incredibile gara di solidarietà».

«Si è aspettato troppo» – «Abbiamo aspettato anche troppo tempo per rendere omaggio a queste persone – ha precisato il presidente Longo – saremmo dovuti intervenire prima». Un appunto che non è sfuggito nemmeno ai parenti delle vittime, molti dei quali non sono nemmeno stati avvisati della commemorazione organizzata sabato mattina a Monza. «Che questa tragedia ci possa educare al senso della solidarietà», ha aggiunto l’arciprete, monsignor Silvano Provasi. Perché “imperituro ricordo” non restino solo parole scolpite nel marmo.
Sarah Valtolina