Seveso, tumori oltre la mediaDopo 33 anni la diossina uccide

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Seveso – La diossina non vuole lasciare in pace Seveso. A trentatre anni dal disastro ambientale, che ha puntato i riflettori di tutto il mondo sul Comune brianzolo, viene pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica internazionale uno studio in cui si prova che la diossina di Seveso era cancerogena, un aspetto già noto. Ma la vera novità sta in una piccola frase della ricerca: «A rischio tumori non sono soltanto le persone direttamente esposte, perché abitavano lì al momento dell’incidente, ma anche quelle arrivate dopo e i nati da donne esposte alla contaminazione».

I ricercatori – A questa conclusione ci sono arrivati Angela Pescatori e Pier Alberto Bertazzi, ricercatori della “Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli e Regina Elena” di Milano, che hanno trovato lustro sulle pagine di “Environmental Health”, scatenando a catena discussioni, di esperti e non, e riaprendo tra gli abitanti una ferita che forse non si rimarginerà mai. Ma su cosa si è basata la ricerca? Le analisi prendono in considerazione una fascia temporale che spazia tra il 1977, in pratica l’anno successivo all’incidente dell’Icmesa, e il 1996.

I risultati – Al centro dell’attenzione ci sono le forme tumorali riscontrate negli abitanti residenti in zona “A”, ad altissima concentrazione di diossina, “B”, ad alta concentrazione, “R”, bassa, il tutto paragonato a una zona franca dall’inquinamento. Particolare importanza l’hanno avuta le donne per due aspetti. Nella zona a più alta concentrazione di diossina la media dei tumori al seno è nettamente più alta del resto del territorio e comunque della media nazionale. Altro aspetto è che i nati da donne esposte alla contaminazione da diossina, corrono un rischio sei volte maggiore rispetto ai coetanei di donne non esposte di avere disfunzioni tiroidee. Sfaccettatura quest’ultima emersa da uno studio di Andrea Baccarelli dell’Università di Milano.

I tumori – La ricerca dei due medici della Fondazione Irccs va però oltre e non si ferma a un’unica forma tumorale, prende in considerazione anche il rischio di tumori linfatici e al sangue. Bene a Seveso il problema non si ferma alle zone ad alta contaminazione, ma tocca anche chi abitanti nei distretti limitrofi anche meno contaminati. La conclusione è che la diossina fuoriuscita dall’Icmesa è cancerogena. Un punto di cui si era già consapevoli, ma la ricerca pubblicata su “Environmental Health” fa un passo in più e scrive chiaro: «Non sono a rischio solo le persone presenti al momento dell’incidente, ma quelle arrivate dopo». La ricerca parla in particolare di una concentrazione di tumori per chi ha vissuto nella zona “A”. L’area “A” è stata bonificata, le case rase al suolo e quindi la gente in un secondo momento può aver abitato solo in altri punti di Seveso. L’
«arrivate dopo» non è temporalmente specifico. Dopo quanto? Il rischio è vivo ancora oggi?
Cristina Marzorati