Seregno, morì lungo la ciclabileDito puntato contro dissuasore

Seregno, morì lungo la ciclabileDito puntato contro dissuasore

Seregno/Lissone – È morto per lo sfondamento della cassa toracica e la conseguente rottura delle costole gli ha perforato un polmone, ora la sua famiglia vuole giustizia ed è pronta a rivolgersi a un legale. La morte di Gaspare Dolcemascolo, quarantunenne macellaio di Lissone, forse si poteva evitare. Presumibilmente intorno alla mezzanotte di domenica 25 luglio stava percorrendo in sella alla sua bicicletta la ciclabile a ridosso della Valassina quando, in territorio di Seregno al confine con Lissone, non lontano dall’Uci Cinema, si è schiantato contro un dissuasore di ferro alto un metro e largo altrettanto piazzato inspiegabilmente al centro della pista. L’impatto è stato così violento che prima il torace ha urtato contro l’archetto, poi nella caduta il quarantunenne ha picchiato la testa sull’asfalto e infine, con le forze che gli rimanevano in corpo, si è trascinato sul terrapieno a lato e lì è morto. Soltanto verso le 6.30 un uomo che stava facendo jogging ha notato il cadavere e ha lanciato l’allarme. Sul posto sono giunti i carabinieri di Seregno e la salma è stata trasportata all’ospedale di Desio, riconsegnata ai familiari soltanto nel pomeriggio di giovedì dopo l’esito dell’autopsia (morte per sfondamento della cassa toracica) e soprattutto dopo il nulla osta del magistrato al funerale, che è stato celebrati sabato, 31 luglio, nella chiesa parrocchiale Madonna di Lourdes di Lissone. «Siamo sconvolti per quanto accaduto – dicono il cognato Antonio Spadavecchia e il fratello Fabio Dolcemascolo – ma qui qualcosa non torna». Insieme a loro abbiamo effettuato un sopralluogo sulla ciclabile della Valassina. Sono le 10.30 di giovedì mattina, piove a dirotto, sul percorso privilegiato per ciclisti non c’è nessuno, ma ecco lì in mezzo alla carreggiata un enorme arco in ferro, è esattamente a cavallo dei due sensi di marcia. Ma perché si trova in quel posto? «È quello che vorremmo sapere anche noi – si chiedono i parenti – oltretutto non è giallo o comunque ben segnalato, non ci sono cartelli sul tragitto che preannunciano la sua presenza e idem sull’asfalto». Percorriamo parte del tragitto che ha fatto la notte di domenica Gaspare, da pochi mesi residente a Carugo dove lavorava per la macelleria “Lissoni” e ci troviamo di fronte a una curva e poi a una salita. «Lui l’ha imboccata in direzione Lissone – sottolinea il fratello – come poteva vedere di notte quel dissuasore?». Ma perché fare questo tragitto? Perché non era a casa? «Verso mezzanotte ha cercato di fare una telefonata, ma era senza credito. Forse aveva perso le chiavi e stava venendo da noi a dormire. L’ultima volta che i suoi amici l’hanno visto era stato al laghetto di Lissone verso le 7 di sera, un panino, una birra e poi se n’era andato». Ma perché non muoversi in macchina? «Sfortuna. Un mese e mezzo fa si era rotto il motore dell’automobile e visto che era estate, aveva scelto di muoversi in bici, la spese per l’auto era solo rinviata». Una decisione che si è rivelata fatale.
Cristina Marzorati