Seregno: i cent’annidi nonna Angela Bidoggia

Seregno: i cent’annidi nonna Angela Bidoggia

Seregno – In città un’altra residente ha toccato il traguardo dei cento anni. E’ nonna Angela Bidoggia, nata a Chiarano (Treviso) il 7 febbraio 1911, da tre anni ospite del piccolo Cottolengo di don Orione di via Verdi. Per lei domenica pomeriggio è stata festa grande. Il benvenuto ai parenti e al sindaco Giacinto Mariani è stato espresso dal direzione dell’opera di via Verdi, don Luigi Pastrello che ha trovato in Giuliana Viganò, responsabile del personale, una infaticabile animatrice.
Il sindaco ha offerto alla lucidissima Angela Bidoggia un bouquet di fiori, accompagnato da un biglietto di felicitazioni. Angela Bidoggia, fino a cinque anni fa era residente a San Donà di Piave. Scivolando in casa si era rotta il femore. La figlia Maria,68 anni, l’ha voluta con sé nella casa di Milano, dove è rimasta per due anni. Poi, per impossibilità di accudirla, l’ha ricoverata all’opera don Orione.
Sposatasi a 21 anni, nel Duomo di San Donà, ha dato alla luce cinque figli: Silvana, 79 anni; Maldina (74), Maria (68), Rino (66), Edda (64), di cui solo Maldina e Maria sono viventi. Ha dieci nipoti e 11 pronipoti. Proprio sabato 5 febbraio è nato Mattia. Una donna dal carattere forte, intraprendente, che si è sempre sacrificata per la sua famiglia, ha sempre lavorato nei campi mentre suo marito faceva il trasportatore coi cavalli. E’ un personaggio che senta la nostalgia della sua terra.
“In questa struttura mi trovo bene -ha detto- ma mi manca lo scambio, il dialogo con le persone, perché molte delle ricoverate non godono di buona salute e non sempre sono disposte all’ascolto. Devo limitarmi a parlare col personale che non può essere sempre a mia disposizione. Guardo la televisione, ma non mi basta, preferisco dialogare con le persone, perché nella mia terra sono stata abituata così”. Ricorda i momenti difficili della guerra mondiale, sia la prima che la seconda: “Coi miei genitori nascondevamo il cibo sotto terra per non farcelo soffiare dai nemici. Io abitavo a pochi passi dal Piave. In superficie lasciavamo solo il vino così i soldati avversari bevevano e si addormentavano”. Ma il suo grande rimpianto è di non poter continuare ad occuparsi del suo grande giardino che ha coltivato per una vita intera.
Paolo Volonterio