Righetti risponde a De Pace:Corti amato anche da non credenti

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Monza – Caro De Pace, ho letto con molto interesse il suo intervento su Eugenio Corti e penso che le sue riflessioni meritino una risposta ed alcuni approfondimenti. Innanzitutto una considerazione: i rimandi filosofici e morali dell’opera di Corti, secondo lei “omessi in modo inspiegabile” dai vari interventi degli ultimi mesi, in realtà mi pare siano sempre stati sottolineati, a partire dall’impegno dell’autore nel recupero di quei valori umani e spirituali venuti meno dopo l’affermarsi delle ideologie e le distruzioni lasciate da due conflitti mondiali. Soprattutto, non è mai stato taciuto il fatto che alla base di questa tensione ideale vi sia una profonda fede cattolica: Corti non ne ha mai fatto mistero, così come i suoi estimatori, che lo hanno sempre apprezzato anche per questa sua coerenza tra vita vissuta ed esigenza della vita cristiana.

Forse, e qui sono d’accordo con lei, è possibile che molti degli interventi non si siano soffermati su questo aspetto, sottolineando anche altri capisaldi del pensiero cortiano, quali il legame con il territorio della Brianza, il valore del lavoro e degli affetti familiari. Non penso però si tratti di un difetto: piuttosto la varietà dei punti di vista sta dando modo al pubblico di conoscere al meglio l’autore. Inoltre, penso che sia naturale far scoprire un autore proprio per i suoi meriti letterari, visto che stiamo parlando di una persona che fa lo scrittore di mestiere, non di un sagrestano che scrive a tempo perso.

Riguardo alla “disinvoltura con cui l’autore traccia il confine tra il bene e il male in una visione manichea degli avvenimenti” cosa che, secondo lei, porterebbe a “uno schierarsi delle coscienze e delle conoscenze, che si addice più a un saggio che a un romanzo” mi permetta di non essere d’accordo. Il cavallo rosso non è un romanzo moralista. Si sarà reso conto anche lei nel leggere quelle pagine che i personaggi narrati sono reali, per quanto la trama sia romanzata. Non c’è la divisione tra “buoni” e “cattivi”. Le propongo un altro punto di vista della questione: il male esiste e nessuno ne è immune. Ognuno, per quanto si sforzi, dovrà per tutta la vita fare i conti con i difetti che si porta appresso. Questa considerazione, apparentemente banale e scontata, ha portato Corti alla denuncia e alla condanna di tutte le ideologie di ogni colore che si sono succedute nel corso della storia perché hanno sempre proposto la costruzione del paradiso in terra prescindendo da questa verità fondamentale, quindi non tenendo conto della natura umana e, in buona sostanza, operando contro l’uomo stesso. È il mito del “buon selvaggio” che Corti denuncia come intrinsecamente fallimentare.

Per Corti non esistono i “buoni” e i “cattivi”: esiste l’uomo, creatura meravigliosa, dotata di libertà e capacità di scelta. Scusi se vado subito al punto: il giudizio netto che l’autore formula sull’ideologia comunista è basato prima di tutto su questa considerazione, poi sulla drammatica esperienza personale diretta vissuta in Russia durante la guerra e in seguito approfondita dallo studio teorico sulle idee alla base del marxismo. Oggi è piuttosto evidente che la storia gli ha dato ragione: non è possibile restare indifferenti davanti alle centinaia di milioni di cadaveri che il comunismo ha sparso per il mondo in nome della libertà e della lotta di classe. Guardi che questo non significa assolvere tutto il resto o sposare l’ideologia diametralmente opposta. Eugenio Corti su questo è sempre stato chiaro, condannando in maniera inequivocabile la violenza comunista così come quella nazista, senza fare privilegi di sorta.

Parliamo di un sottotenente dell’esercito italiano che ha rischiato il processo militare perché scandalizzato da come i nazisti trattavano i polacchi durante l’occupazione. Ha scritto a casa chiedendo che i soldi della sua paga di soldato venissero mandati in Vaticano e fossero destinati agli aiuti diretti verso quel paese. La lettera venne però intercettata dalla censura militare e Corti rischiò di essere denunciato come “antigermanico”, rischiando la vita ma venendo poi salvato dall’intervento di un suo superiore. Quando è in gioco la dignità ed il rispetto dell’uomo, indipendentemente dalle opinioni personali o dal credo religioso, non ci sono scuse. Tutti coloro che conoscono personalmente l’autore, incluso il sottoscritto, hanno sempre avuto modo di apprezzare la sua straordinaria amabilità, la sua capacità di ascoltare e dedicare tempo a chiunque lo vada a trovare, la serenità che si respira nel suo soggiorno e nel suo giardino.

Questo è ben lontano dalla figura di vecchio moralista un po’ noioso oppure di cocciuto integralista che forse lei immagina. Corti non ha mai formulato giudizi morali sulle persone, nemmeno su chi non è mai stato d’accordo con lui su questioni importanti, come la visione del mondo e della vita, o semplicemente verso chi non apprezza le sue opere. Semmai ha sempre evidenziato i pericoli che si annidano nelle ideologie che hanno sconvolto la storia.

Riguardo al valore universale di questo autore, credo si debba tenere conto che alla proposta del Nobel stanno aderendo persone di tutte le età e professioni, dall’Italia e dall’estero: dall’analista finanziario che lavora a Londra al pensionato brianzolo, dal fisico ricercatore all’operaio, dal docente universitario alla casalinga. Le adesioni sono ormai diverse migliaia e non si tratta di sprovveduti ragazzini di parrocchia. Anzi, tra questi vi sono anche persone lontane dalla Chiesa e dalla fede. Questo testimonia un dato di fatto noto da tempo, cioè la “trasversalità” degli estimatori di Corti. Il romanzo è pubblicato da Los Angeles a Tokio, passando per Spagna, Francia, Romania, Lituania e Serbia. Inoltre, le opere di Corti sono note ed apprezzate anche in altri paesi, dal Sudamerica alla Russia.

Come avrà avuto modo di sapere, Etienne de Montety, direttore del Le Figaro Litteraire, ha definito Il cavallo rosso il romanzo più importante apparso in Francia negli ultimi 25 anni. Alla prima uscita, nel 1947, il diario I più non ritornano sulla ritirata di Russia fu accolto da giudizi molto favorevoli di critici quali Benedetto Croce e Mario Apollonio. Il cavallo rosso, molto apprezzato anche da docenti universitari della Sorbona come Francois Livi, è presente sulla scena letteraria italiana e internazionale da più di 25 anni: un longseller come pochi altri.

Tutto questo basta per considerare Corti una voce universale? A detta di alcuni probabilmente no, però sicuramente il suo è un “caso letterario” estremamente interessante. Forse il vero torto di Eugenio Corti è quello di essere un personaggio “scomodo”. Scomodo per certa “intellighenzia” culturale, arroccata su posizioni ideologiche, scomodo anche per chi è abituato a dividere il mondo in “buoni” e “cattivi”. Grande scrittore? Condivido in pieno questo suo giudizio. Storico improbabile? Per la verità, Corti non ha mai avuto la pretesa di essere uno storico: piuttosto gli scritti e le riflessioni di questo straordinario testimone del Novecento possono essere un’utile fonte e stimolo per gli storici.

Pedante moralista? Per ciò che ho detto prima, su questo non posso essere d’accordo. Mi permetta di proporle la rilettura di un brano che ha contribuito ad accrescere l’affetto tra me e la ragazza che ora, da pochi mesi, è diventata mia moglie. Legga l’incontro tra Alma Riva e Michele Tintori (III volume, Parte II, capp. XVII-XX): guardi che non si tratta di un racconto “spiritualista” ma di una splendida pagina di una delle storie d’amore narrate nel romanzo. L’amore tra uomo e donna coinvolge tutta la persona, anima e corpo, è allo stesso tempo spirituale e concreto. Trovo questo brano di una profondità e di una nobiltà straordinaria, ben lontano dalla considerazione attuale della donna (spesso trattata come oggetto) e della denigrazione della famiglia, a cui oramai la nostra società si è abituata; così come è lontano da una visione della donna solo “casa e chiesa” o da una considerazione dell’amore un po’ ingenua e “patinata” a cui purtroppo credono molti giovani. Perdoni infine un’ultima considerazione.

Sono convinto anch’io che il mondo politico debba rimanerne fuori ma con una importante precisazione: deve rimanere fuori la politica intesa in senso “partitico”. È infatti molto bello e incoraggiante vedere che le istituzioni, a cominciare dalla provincia di Monza e Brianza e poi la stessa Regione Lombardia, si stanno esprimendo sul valore umano e letterario di questo autore indipendentemente da logiche di schieramento: come spesso viene auspicato, la vera cultura e la vera letteratura non ha appartenenza politica. La ringrazio per la pazienza e la cortesia. Cordiali saluti,

Francesco Righetti
Presidente Associazione Culturale Internazionale «Eugenio Corti»