Renate, l’addio a Luigia PortaL’autopsia: è stata investita

Renate, l’addio a Luigia PortaL’autopsia: è stata investita

Renate – Grande commozione questo pomeriggio per l’ultimo saluto a Luigia Porta, la cinquantanovenne di Renate morta venerdì mattina all’imbocco di via Garibaldi. La chiesa parrocchiale dei santi Donato e Carpoforo era gremitissima: in tanti hanno voluto stringersi alla famiglia della donna, conosciutissima e stimata in paese. Il parroco don Ezio Castoldi, che ha concelebrato le esequie con il coadiutore don Marco Tagliabue, ha invitato familiari, parenti e amici a cercare nelle fede il conforto a una tragedia che ha gettato l’intera comunità nello sconforto. Intanto, sul fronte investigativo ci sono novità di rilievo: l’anatomopatologo incaricato dal sostituto procuratore della Repubblica di Monza Flaminio Forieri, titolare dell’inchiesta sulla morte di Luigi Porta, di eseguire l’autopsia avrebbe già comunicato i primi esiti degli esami. La povera donna, sposata e madre di tre figli, in pensione da qualche anno dopo aver a luogo lavorato alla ditta “Macchi” di via Concordia, sarebbe morta per traumi da schiacciamento alla testa e all’addome, compatibili, dunque, con l’investimento da parte del sollevatore telescopico, un mezzo da lavoro normalmente impiegato in edilizia, che era fermo accanto a lei al semaforo di via Garibaldi. Non è certo se il mezzo l’abbia urtata, prima di travolgerla o se la donna abbia perso l’equilibrio dalla bicicletta e sia caduta a terra per conto suo prima di essere investita. Ma è un particolare che probabilmente sarà difficile da stabilire. Si aggrava dunque la posizione processuale del conducente della macchina operatrice, il quarantasettenne I.R., residente a Merate, dipendente di un’impresa edile che sta lavorando in un cantiere di via Cavour, iscritto dal magistrato sul registro degli indagati per omicidio colposo già nell’immediatezza dei fatti (un atto peraltro dovuto). Stando alla ricostruzione dei fatti operata dai carabinieri di Besana, l’uomo non si sarebbe nemmeno accorto della donna stesa a terra esanime (Luigia Porta sarebbe infatti morta sul colpo), ma sarebbe stato chiamato da un collega che lo seguiva a bordo di un altro mezzo e, quindi, si sarebbe fermato. Il mezzo da lavoro, comunemente chiamato “merlo” dagli addetti ai lavori, è infatti munito di braccio meccanico, con la cabina del guidatore a sinistra: cosa che potrebbe aver impedito al conducente di vedere a destra e, quindi, di notare la donna in bicicletta.