Operazione Mato Grosso:quando la fatica è vera gioia

Operazione Mato Grosso:quando la fatica è vera gioia

Monza – Poco meno di duecento persone in tutta la Brianza, con il loro lavoro di volontariato, sono riuscite a raccogliere 500mila euro da inviare in Sudamerica per aiutare alcuni tra i villaggi più poveri. È il traguardo raggiunto nel 2010 dai 15 gruppi brianzoli dell’Operazione Mato Grosso, movimento di volontariato educativo missionario nato nel 1967 sotto la guida del salesiano Ugo De Censi, e progressivamente diffuso in tutta Italia. Incontrando i giovani che animano uno di questi gruppi, in particolare quello di Monza San Rocco, colpiscono non solo la voglia di fare, peraltro comune anche ad altri, ma soprattutto la coesione, la determinazione e l’organizzazione delle attività finalizzate alla raccolta di fondi. Ogni lavoro è programmato nei minimi particolari, come se gestito da professionisti. E vedere ragazzi poco più che ventenni che si danno da fare in sgomberi a volte impossibili, imbiancature, lavori di giardinaggio e pulizie, traslochi e quanto di più pesante e odioso si possa pensare, mostra quanto sia radicato in loro e traboccante il desiderio di aiutare chi ha bisogno a migliaia di chilometri di distanza.

“Ci troviamo tre volte alla settimana per organizzare i lavori tutti insieme – spiega Cesare La Mattina, 19 anni, diplomato in sala bar all’Olivetti e in cerca del primo impiego -. Se dobbiamo realizzare per esempio un trasloco dobbiamo prenotare il furgone, coordinandoci con gli altri gruppi. Ciò a cui teniamo è che tutto quanto riusciamo a raccogliere venga totalmente inviato nelle missioni: le nostre spese, la benzina del camion, o l’assicurazione e il bollo, i materiali che usiamo per esempio in caso di verniciatura vengono coperti interamente da noi”. È un po’ come la parabola della vedova che, possedendo due soldi, ha scelto di donarli entrambi, senza tenere nulla per sé. Cesare sorride: “Mi sentirei in colpa a non fare così”. E mette un altro punto fermo a quel forte sentimento di appartenenza al movimento che tiene unite le persone senza nessuno statuto, ma solo con l’amore per il prossimo. “C’è davvero tanto bisogno nelle missioni, in Perù, Bolivia e in Ecuador, dove si trovano anche alcuni di noi, che hanno scelto di lasciare l’Italia per andare a viverci – aggiunge Giulia Radaelli, 22 anni, iscritta a scienze della formazione -. Mio fratello si è trasferito lì come missionario permanente a Yungay, in Perù: un posto dove è necessario intervenire per soddisfare le necessità di educazione della gente, soprattutto dei bambini, perché il loro futuro sia più roseo di quello dei genitori”.

Per informazioni: 329.427.61.24/327.541.92.17

Sabrina Arosio