Nas: cibi guasti in Brianza,un danno da 300mila euro

Nas: cibi guasti in Brianza,un danno da 300mila euro

Monza –  Brianza virtuosa nella conservazione e nella commercializzazione degli alimenti. È quanto emerge da una intervista al capitano Paolo Belgi del Nas di Milano. L’ufficiale dell’Arma fa il punto su un anno di attività condotta nel territorio della nuova provincia evidenziando come le ispezioni effettuate in ambito alimentare non abbiano dato esiti preoccupanti, sebbene siano stati effettuati alcuni sequestri e chiusi due esercizi.

A 2010 concluso possiamo tracciare un bilancio del vostro lavoro in Brianza: i commercianti hanno rispettato la legge oppure rispetto al passato sono stati più disonesti?
Direi che è andata tutto sommato bene. Nel 2010 abbiamo rilevato nel territorio della nuova provincia, rispetto al 2009, un calo delle contestazioni di natura penale e di natura amministrativa nel settore alimentare. In dettaglio abbiamo complessivamente eseguito 200 ispezioni rilevando 90 infrazioni penali e 76 amministrative e abbiamo provveduto a denunciare 50 persone, segnalandone 53 all¿autorità amministrativa competente. Inoltre, a seguito delle nostre operazioni di controllo, sono stati chiusi due ristoranti gestiti da italiani e sono state sequestrate dal punto di vista amministrativo 15 altre strutture per carenza di requisiti.  Complessivamente il danno quantificato sul piano economico per il territorio nel settore di competenza è stimabile in circa 300mila euro, mentre il valore delle strutture sequestrate ammonta a 2 milioni e 300mila euro. Vi è da rilevare, però, che sul versante amministrativo una volta sequestrata una struttura se il titolare provvede nei tempi fissati a regolarizzare la contestazione, essa può ritornare nelle sue mani. Diverso è il caso della confisca penale: in questo caso gli uomini dell¿arma contestano reati gravi contro la salute perseguiti dal codice penale e che nei casi più gravi portano anche alla interdizione della professione per colui che ha commesso il reato.

Lamateria è molto complessa, dunque. Riusciamo a spiegare quando concretamente si ravvisa una infrazione di natura amministrativa e una di natura penale a seguito di un vostro controllo?
Le infrazioni più gravi, cioè quelle che si contestano penalmente, sono le frodi sanitarie o le adulterazioni che possono essere un pericolo per la salute. Di recente abbiamo condotto, anche se non proprio in Brianza, il sequestro di 300 chilogrammi di tranci di tonno a pinne gialle nei quali era stata rilevata la presenza di monossido di carbonio. Anche l¿introduzione di sbiancanti nella produzione di alimenti di origine animale, specie quelli lattiero caseari è un altro modo per mascherare il cattivo stato di conservazione dell¿alimento stesso o la scarsa qualità della materia prima impiegata. Altro, invece, è contestare a seguito di un controllo una frode commerciale, che pur essendo grave, non si ritiene arrechi un danno alla salute di chi acquista il prodotto. Un esempio per tutti, che però quest’anno non è capitato nelle nostre ispezioni, è quello del panettone che viene acquistato da una industria alimentare da parte di una pasticceria, viene scartato e riconfezionato dalla stessa e posto in vendita come se fosse stato prodotto in quel luogo. In questo caso chi compra è tratto in inganno perché pensa di acquistare un dolce artigianale, con delle caratteristiche che non corrispondono alla realtà dei fatti, pagandolo anche molto di più di quanto effettivamente vale.

Come può difendersi il consumatore davanti a questo tipo di adulterazioni?
L’etichetta è un primo strumento valido per conoscere le caratteristiche del prodotto che si sta acquistando. In essa sono contenute le indicazioni di base dell’alimento: gli ingredienti la presenza di additivi o le sostanze allergizzanti, i termini minimi di conservazione. Su quest’ultimo punto occorre fare un distinguo: nell’etichettatura dei prodotti deperibili viene indicato un termine perentorio entro il quale vendere e consumare l’alimento. In questo caso la dicitura riporta <da consumarsi entro il>. Per altri prodotti alimentari non deperibili viene indicato un termine minimo di conservazione, per il quale sull’etichetta viene posta la dicitura <da consumarsi preferibilmente entro il>. La normativa non vieta di vendere il prodotto con quest’ultima dicitura in un periodo prossimo al termine di scadenza, purché però il consumatore ne sia consapevole. Nel 2010 abbiamo sequestrato 50 quintali di alimenti in un hard discount del milanese dove il commerciante riconfezionava prodotti scaduti modificandone in modo truffaldino l’etichetta.
Sabrina Arosio