Monza, un 32enne la mentedi un vasto traffico di droga

Monza - Valerio Morrone, monzese ma attualmente residente a Brugherio, è stato arerstato dalla Guardia di finanza di Milano insieme ad altre 41 persone. Sequestrati 70 chili di cocaina e 10 di eroina, oltre ad armi, abitazioni e quote societarie.
Monza, un 32enne la mentedi un vasto traffico di droga

Monza – Era un monzese la mente della vasta rete di traffico di stupefacenti sgominata ieri dalla Guardia di Finanza di Milano. Valerio Morrone, 32 anni, attualmente residente a Brugherio, è uno dei 41 destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere, firmate dal gip di Milano Bruno Giordano, nell’ambito dell’operazione “Shut up”, che ha portato al sequestro, tra l’altro, di 70 chili di cocaina e 10 di eroina, oltre ad armi, abitazioni e box, auto e quote societarie per un valore complessivo di un milione di euro. Morrone, secondo l’accusa, ha tenuto contatti dentro e fuori dal carcere con una serie di complici e ha organizzato il traffico di droga, tra Spagna, Colombia, Pakistan, Afganistan, Turchia e Balcani. L’indagine, coordinata dal pm di Milano Marcello Musso, avviata nel 2004, ha permesso di ricostruire i movimenti di Morrone, definito dagli inquirenti «un uomo disposto a tutto pur di trarre profitto dai suoi affari».
Al momento dell’arresto viveva a Brugherio ma negli ultimi anni ha cambiato spesso abitazione, tra Milano e Monza. Era stato arrestato anni fa con l’accusa di truffa. In carcere, a Monza, ha conosciuto Pasquale Forti, detenuto per traffico di droga, rispettato da molti trafficanti. Una volta uscito, ha quindi sfruttato il nome e i consigli di Forti, ricostruendo la sua rete: la cocaina arrivava dalla Colombia attraverso la Spagna. L’eroina dal Pakistan e dall’Afghanistan, attraverso la rotta dei Balcani. Secondo gli investigatori, il monzese avrebbe coordinato un traffico di circa 300 chili di cocaina. La droga veniva conservata in un garage di Cologno Monzese, insieme alle armi che l’uomo si era facilmente procurato al campo nomadi di Baranzate (due pistole con caricatori, una mitraglietta Uzi) e che usava per minacciare i debitori. Per avere i soldi per la droga, aveva fondato una società di compravendita di auto, la “Sintauto” con sede a Milano in via Corelli, usando nomi e codici fiscali falsi (con la complicità di un funzionario dell’Agenzia delle Entrate).
Nel corso degli anni è entrato e uscito spesso dal carcere. Da Monza ha continuato ad avere contatti con il complice Forte, che nel frattempo era stato trasferito nel carcere di San Vittore. I due comunicavano con il cellulare, grazie alla complicità un agente di polizia penitenziaria (arrestato) . Si scambiavano anche dei pizzini, portati da due volontari dei City Angels, anche loro arrestati. Morrone spesso era sottoposto a gli arresti domiciliari. Ma riusciva sempre a essere attivo. Un giorno ha costretto un amico a presentarsi al pronto soccorso dell’ospedale San Gerardo di Monza con il suo nome, fingendo un malore. Lui nel frattempo è andato allo stadio San Siro a vedere il derby. Così, in caso di controlli, avrebbe esibito il certificato del pronto soccorso. Stando alle accuse, il monzese stava progettando un grosso affare. L’acquisto di 500 chili di cocaina dalla Colombia. Voleva fare “il salto di qualità” ma questa volta non ha raggiunto l’obiettivo.
Paola Farina