Monza, processo alla ‘ndranghetatorna a Milano: l’ha chiesto il pm

Torna a Milano il processo “monzese” nato dall'inchiesta “Infinito”. A sorpresa, è stato lo stesso pm della procura distrettuale antimafia a sollevare l'eccezione di incompetenza territoriale a favore del trasferimento del fascicolo.
Monza, processo alla ‘ndranghetatorna a Milano: l’ha chiesto il pm

Monza – Torna a Milano il processo “monzese” nato dall’inchiesta “Infinito”. A sorpresa, è stato lo stesso Paolo Storari, pubblico ministero della procura distrettuale antimafia di Milano, a sollevare l’eccezione di incompetenza territoriale del tribunale monzese a favore del trasferimento del fascicolo a Milano. Questione accolta dal collegio presieduto dal giudice Italo Ghitti, che ha dunque rimandato a Milano la competenza a giudicare le accuse contestate a Domenico e Candeloro Pio, considerati nomi di grande spessore nell’ambito del locale di ‘ndrangheta di Desio, e ad Angelica Riggio, la fidanzata di Domenico Pio, che avrebbe retto le fila degli affari dell’uomo quando questo era finito in carcere. Resta a Monza solo l’imputato Natale Marrone, accusato di detenzione d’arma da sparo (una pistola trovata nel portaoggetti della macchina), l’unico reato contestato nel processo di questa mattina senza l’aggravante dell’agevolazione dell’associazione mafiosa.

Cambio di strategia – Nonostante la stessa procura di Milano avesse chiesto al gip il rinvio a giudizio alla sede giudiziaria di Monza per alcuni reati minori contestati nell’ambito della maxi inchiesta, questa mattina il pm, ha inferto un brusco cambio di strategia, chiedendo, per esigenze di “economia processuale”, la riunificazione del fascicolo con quello di Milano, alla luce di una sentenza della Cassazione in base alla quale, per dimostrare l’esistenza dell’aggravante, si sarebbe dovuta provare anche a Monza l’esistenza del sodalizio mafioso, creando, in questo modo, una potenziale confusione tra il processo monzese e il maxi processo milanese, il cui inizio è fissato tra un mese (l’11 maggio).

“Mio padre mi ha rovinato l’esistenza”
–  In tribunale si sono anche vissuti momenti di tensione, sia nell’aula dibattimentale che nei corridoi, quando è esplosa la rabbia della figlia di Domenico Pio, 63 anni, indicato dagli inquirenti come capo del “locale” di Desio, arrestato nell’ambito del blitz del 13 luglio dello scorso anno. Agli astanti era parso che la giovane donna ce l’avese con Angelica Riggio, 29 anni, arrestata nella seconda parte dell’operazione “Infinito” scattata alla fine di ottobre dello scorso anno. La Riggio, legata sentimentalmente a Pio, è accusata di aver condotto attività estorsive per conto del presunto capo clan, diventando di fatto il suo vice.  In realtà, la rabbia di Marinella Pio era nei confronti del padre, come ha avuto modo di raccontare a “il Cittadino” pochi minuti fa: «A me di quella donna non importa nulla, non la considero proprio perchè non ha alcuna rilevanza, alcun ruolo nella mia vita – spiega la giovane donna -. Io mi sono presentata in Tribunale perchè era con mio padre che volevo parlare, avevo un rospo in gola di cui volevo liberarmi». Drammatico il racconto di Marinella Pio: «Con mio padre non ho rapporti da oltre dieci anni, peraltro, prima che, cinque anni fa, se ne andasse di casa, già abitava in un appartamento diverso da quello in cui stiamo io, mia madre e mio fratello. Veniva a casa solo per facciata, in realtà lui aveva la sua vita. Mercoledì ho deciso di presentarmi in udienza perchè volevo gridargli che mi ha rovinata psicologicamente, mi ha rovinato l’esistenza, che per colpa sua ci sono state tolte, a me, a mia madre e a mio fratello, proprietà che ci appartenevano e per le quali abbiamo comunque già presentato ricorso (il riferimento è al sequestro dei beni, immobili e terreni, riconducibili al padre a opera della Guardia di Finanza, lo scorso dicembre, nda)». «Quando sono uscita all’aula, è stato perchè, non avendo potuto parlare con mio padre, avrei voluto raggiungerlo al piano di sotto, dov’era stato portato in attesa che rientrasse il giudice – conclude Marinella Pio -. Non ci sono riuscita. Non avevo intenzione di porgere l’altra guancia ma di mollarglielo io, uno schiaffo, per tutto quello che abbiamo passato e stiamo passando».

Federico Berni
Antonella Crippa