Monza, pensioni Inps Inpdap:balzello da migliaia di euro

Monza – Pagare migliaia di euro per ricongiungere i contributi Inpdap con quelli Inps. È questa la trappola nascosta nella legge 122, scattata il 31 luglio 2010 per migliaia di lavoratori che saranno costretti a versare un balzello – talora salatissimo – per un servizio che fino a quel momento era sempre stato gratuito, oppure a rinunciare ad una parte della pensione per aggirare il versamento dell’obolo. Ma pur sempre costretti dallo Stato a pagare, nonostante anni di contributi regolarmente versati e una condotta lavorativa ineccepibile.

Una situazione in cui si è già trovata invischiata una ventina di lavoratori di Monza e Brianza, i cui casi sono arrivati sul tavolo di Inca Cgil Monza e Brianza, come ha spiegato il direttore del servizio Ezio Cigna: «È una legge che ha eliminato la possibilità di trasferire a titolo gratuito i contributi dall’Inpdap all’Inps, cosa che da luglio 2010 si può fare soltanto pagando il riscatto dei periodi di lavoro per i quali sono già stati versati i contributi all’Inpdap o alle casse che vi sono confluite». Una modifica che ha colpito moltissimi soggetti che hanno sempre pagato i contributi spettanti ai dipendenti e che hanno lavorato nel privato e poi nel pubblico o viceversa, e che adesso si vedono costretti a pagare per fare valere un diritto maturato in anni di lavoro.

Come un’insegnante di Monza che, dopo trent’anni anni nella scuola privata, è passata per altri dieci a quella pubblica e alla quale sono state chieste 15 mila euro per la ricongiunzione dei contributi. «Il costo del riscatto – ha precisato Cigna – varia da lavoratore a lavoratore, dipende dall’età, dagli anni di contributi versati e da altri coefficienti, ma nella maggior parte dei casi si tratta di migliaia e migliaia di euro e più si attende ad effettuare la ricongiunzione, più si paga. È inaccettabile perché i lavoratori hanno svolto diligentemente il proprio lavoro e pagato i contributi». Una disposizione che, secondo Cigna, ha come scopo l’impedimento alle donne che lavorano nel pubblico di avere la pensione di vecchiaia a sessant’anni di età ma anche, vista la retroattività della legge, di fare cassa sulle spalle di tutti i lavoratori che a luglio 2010, e quindi tuttora, non avevano ancora provveduto gratuitamente alla ricongiunzione. Ed è un problema che riguarda tutti quei lavoratori che hanno una contribuzione mista pubblico-privato, in particolare i precari.

Una possibilità potrebbe essere andare in pensione «in totalizzazione», ma a quale prezzo? «Il paradosso – ha proseguito Cigna – è che, chiedendo la totalizzazione, oltre a rinunciarne ad una fetta, si potrà accedere alla pensione solo alla finestra dei 18 mesi, quindi ricevendo il primo assegno un anno e mezzo dopo. In questo modo la legge equipara i dipendenti ai lavoratori autonomi». Analoghe criticità esploderanno con i fondi speciali, quelli elettrici, telefonici e dell’autoferro per quei lavoratori che hanno lavorato ad esempio in Enel, Telecom e Atm: anche in questo caso si dovrà pagare: «Diventa complicato anche fare consulenza – ha concluso Cigna – perchè le regole cambiano di continuo ed è difficile dare oggi suggerimenti che avranno il loro effetto magari tra una decina di anni».
Luca Scarpetta