Monza, la lirica formato tascabileAl Manzoni ”Le nozze di Figaro”

Monza, la lirica formato tascabileAl Manzoni ”Le nozze di Figaro”

Monza – Dire pocket-opera è quasi un ossimoro. Essenziale, semplice, tascabile insomma, contro un’idea di sontuosa imponenza, che si ascolta e si guarda. Quasi, perché quello che sabato sera sarà sul palco del Manzoni, in prima nazionale, è l’ennesimo allestimento di un progetto, Pocket Opera appunto, nato nel 2005 e che ogni anno porta in scena due titoli tra i giganti della tradizione drammaturgica nazionale in veste nuova che riattinge dalla tradizione delle compagnie itineranti. A Monza saranno Le nozze di Figaro, musiche di Mozart sulle parole del libretto di Lorenzo da Ponte, incaricato dallo stesso compositore di tradurre in forma lirica la commedia Le mariage de Figaro di Beaumarchais.

«Eccoci dunque spettatori e complici – scrive ancora il regista – in un inno all’amore coniugale gentile e leale svolto nell’arco di una folle giornata. Durante quattro stagioni, assistiamo a quattro rappresentazioni dell’amore ideale, dove vediamo tutte le evoluzioni affettive dalla fanciullezza alla vecchiaia, dall’amore più puro e avvampato, al più cinico e calcolato. Quattro coppie e quattro tipi d’amore che si compongono e scompongono da movimenti dettati solo dal cuore». Barbarina e Cherubino, Marcellina e don Bartolo, Susanna e Figaro, la Contessa e il Conte. A prestar voce al signore d’Almaviva, in scena è Alessio Arduini.

«È un’opera giovane – racconta – tutti gli interpreti hanno meno di trent’anni. Ed è giovane anche per la scelta di non appesantire con parrocche o trucchi pesanti. Lo stesso conte è interpretato in modo infantile: rappresenta il potere feudale, ma capriccioso, sessista, non nobile d’animo». È la musica invece ad ancorarsi al passato dell’opera: «Quella del maestro Rios – prosegue Arduini – è una lettura molto accurata dello spartito, i tempi non sono stati distorti, la costruzione globale rispetta la tradizione». Una produzione del teatro comasco AsLiCo: l’adattamento musicale curato da Carlo Tenan, il maestro José Luis Gomez Rios a dirigere l’orchestra 1813.

Regia di Nicola Berloffa, che in una nota ha spiegato le scelte di scena. «Il numero quattro, ‘fondamentale’, viene ritrovato anche nel numero degli atti, come negli ambienti in cui si svolge la folle journé: ecco allora che su quattro pedane, in ordine crescente per ogni atto, immerse in un boschetto di ippocastani, troveremo l’intero svolgersi della vicenda. In ogni atto aumenteranno in modo esponenziale le dimensioni delle stanze e il numero di arredi per arrivare al quarto in un prato deserto e notturno». La trama della commedia di Beaumarchais fu epurata, nella traduzione in libretto e in italiano, di tutti i riferimenti politici: restano le vicende amorose, fatte di comico e dramma, intricata metafora di quattro evoluzioni del sentimento.
Letizia Rossi