Monza, il viaggio dopo l’attesa:da San Biagio fino alla Terrasanta

Monza, il viaggio dopo l’attesa:da San Biagio fino alla Terrasanta

Monza – Hanno dovuto aspettare quattro anni prima di poter finalmente arrivare in Terrasanta. Quattro anni di attesa e preparazione, passati a monitorare la situazione politica del Medio Oriente, tra attacchi dell’esercito e vane speranze di pace. Poi la decisione: si parte. E così hanno fatto dodici giovani della comunità pastorale Ascensione del Signore di Monza (quasi tutti della parrocchia di san Biagio), al seguito di don Alberto Torriani. Dieci giorni, dal 5 al 15 agosto, per un pellegrinaggio decisamente fuori dai soliti schemi. Non solo tour spirituale, ma anche un’occasione preziosa per incontri irripetibili, come quello con suor Mariarosa, superiora delle suore francescane in Israele, nei territori occupati, Giordania e Libano. «Una donna straordinaria, una brianzola energica e piena di vita, che dopo venti anni di missione in Africa ora vive a Gerusalemme, nella comunità sorta proprio accanto al muro di divisione, dove un tempo c’erano le tende del campo profughi», spiega don Alberto.

Uno dei momenti più suggestivi è stata la camminata nel deserto, da Gerusalemme a Gerico. «Siamo partiti di mattina presto ma c’erano già 35 gradi – racconta Matteo Radaelli, uno dei ragazzi del gruppo partito da San Biagio – A piedi, in silenzio, camminando tra i sassi e le rocce del deserto di Giuda, siamo entrati in territorio palestinese e siamo arrivati a Hebron. Per rientrare a Betlemme ci siamo messi anche noi in fila con gli altri palestinesi per passare attraverso il muro».
Il silenzio, le luci dell’alba e nella mente le pagine delle tentazioni, nello stesso luogo dove anche Cristo passò in preghiera quaranta giorni e quaranta notti. Suggestivo e avventuroso anche il passaggio nel tunnel di Ezechia, un antico condotto che dalla piscina di Siloe porta fuori Gerusalemme. «Venne fatto costruire come condotto idrico – dice don Alberto – ma utilizzato da subito come via di fuga. Anche noi abbiamo voluto camminare nell’acqua fino alle ginocchia per attraversarlo».

E poi ancora le alture del Golan e il quartiere delle cento porte, nella città vecchia dove abitano gli ebrei ultraortodossi. «Abbiamo avuto la fortuna di alloggiare a cento metri dalla chiesa del Santo Sepolcro – continua Matteo – e la mattina scendevamo presto per pregare nel luogo centrale di tutta la nostra fede». Ad accompagnare i ragazzi di don Alberto alla scoperta di Gerusalemme c’era don Paolo Sartor, prete diocesano che si occupa di catecumenato e catechesi alla curia di Milano. «La prima volta che abbiamo iniziato a pensare a un pellegrinaggio in Terrasanta era il 2006 – ricorda don Alberto – pochi mesi dopo è scoppiata la guerra tra Israele e Libano e siamo stati costretti a rimandare. Abbiamo atteso quattro anni ma ne è valsa davvero la pena».
Sarah Valtolina