Monza, furti in casa e nei boxSgominata banda di moldavi

Agrate, va a spasso con un amicoE’ ai domiciliari, finisce in carcere

Monza – Se venivano scoperti, non esitavano a gettarsi da auto o moto in corsa, o a tuffarsi in laghi e fiumi in pieno inverno pur di sfuggire alla cattura. «Spregiudicati». Così il colonnello Giuseppe Spina, comandante del Gruppo dei carabinieri di Monza definisce la gang di ladri moldavi sgominata dai carabinieri della Compagnia di Cassano D’Adda, comandata dal capitano Camillo Di Bernardo. Nel complesso diciannove persone arrestate, tutti immigrati moldavi appunto (soliti spacciarsi per rumeni allo scopo di evitare guai con la legge sull’immigrazione), di età compresa tra i 19 ed i 44 anni, molti dei quali con precedenti per furto. Oltre sessanta i furti accertati in varie province lombarde, a partire da quella di Monza, un centinaio gli episodi su cui sono in corso accertamenti, anche relativi a furti avvenuti in città. Una banda di ladri professionisti, insomma, a cui i carabinieri sono arrivati partendo dalle indagini su una rapina in villa commessa a Inzago alla fine di luglio dello scorso anno, nella quale però i ladri non sono coinvolti. L’attività dei moldavi, infatti, consisteva nello svaligiare appartamenti, garage, esercizi commerciali, agendo in squadre formate da tre o quattro elementi a bordo di furgoni. Le batterie si portavano sull’obiettivo tra le sei e le otto di sera, mescolandosi con i pendolari nella fase del rientro all’ora di punta. Fatto il “lavoro”, attendevano le prime luci del giorno per mimetizzarsi nuovamente nel traffico del mattino. Nel frattempo dormivano nei campi, avvolti in sacchi a pelo. Il fatto che, per esempio, fosse dicembre e le temperature fossero sotto lo zero, non li faceva desistere dai loro piani. Questo avveniva dal lunedì al venerdì. Il sabato e la domenica erano i giorni dedicati a smontare la refurtiva (avevano una predilezione per biciclette da corsa e motociclette, soprattutto Ktm, Bmw e Harley Davidson) pezzo per pezzo, in modo da stiparla su altri furgoni guidati da altri immigrati e diretti in Europa orientale, l’unico canale di ricettazione della merce. Attività, quella di preparazione e stoccaggio della refurtiva, che la gang metteva in pratica soprattutto nella zona periferica di campi al confine Monza-Brugherio, secondo quanto riferiscono fonti investigative. In certi casi, i malviventi si avvalevano di apparecchi in grado di inibire il segnale dei telefoni cellulari e i sistemi di allarme gps. In altri casi, si avvalevano delle informazioni raccolte nell’ambito della loro comunità di riferimento, composta soprattutto da badanti e colf, risultate estranee alla vicenda.
Federico Berni