Monza, decapitato dal socioGestiva un distributore in città

Monza, decapitato dal socioGestiva un distributore in città

Monza – Aveva addentellati monzesi, la vita di Giacomo Brambilla, l’imprenditore di 42 anni assassinato lunedì a Como e il cui corpo decapitato è stato rinvenuto ieri mattina sul greto di un torrente vicino a Domodossola, in Piemonte. Titolare di nove distributori di benzina sparsi su tre province, Como, Varese e – appunto – Monza, in città possedeva l’area di servizio di viale Lombardia. Era comasco doc, cresciuto alle pendici di Brunate, ma suo padre Luigi era originario di Vimercate e aveva ereditato da uno zio la gestione di uno dei più noti distributori di benzina comaschi, poi spazzato via dall’autosilo dell’ospedale Valduce. Giacomo Brambilla aveva imparato il mestiere, un mestiere che amava moltissimo e nel quale, crescendo, si era gettato a capofitto, anima e corpo fino ad arrivare ad ampliare considerevolmente la sua attività.

L’omicidio. L’armaiolo Alberto Arrighi, 39 anni, sposato e padre di due figlie, titolare dell’omonimo negozio d’armi da fuoco di via Garibaldi a Como, è da ieri sera in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario e distruzione di cadavere. Al culmine di una lite avvenuta sul retro del suo negozio, avrebbe esploso più colpi di pistola – una Ruger calibro 22 estratta da una vetrinetta da esposizione – contro Brambilla, padre di un bambino in tenera età. Oltre ad Arrighi, la Polizia di Stato ha arrestato anche il suocero, Emanuele La Rosa, 67 anni, proprietario della pizzeria Conca d’Oro di Senna Comasco, sospettato di averlo aiutato a far sparire la vittima. Il delitto risalirebbe al primo pomeriggio di lunedì, quando Arrighi e Brambilla si danno appuntamento nel negozio di Como. Discutono animatamente, probabilmente per questioni finanziarie, poi l’armaiolo spara. Le telecamere di sicurezza riprendono tutto, nitidamente, istante per istante. Dopo aver compiuto l’omicidio, il commerciante trascorre il pomeriggio al tiro a segno, dove è conosciutissimo, lasciando il negozio chiuso con il corpo nascosto all’interno. Prima di uscire, però, lava la pistola e la ripone in un espositore.

Il cadavere. Del cadavere si sbarazza la sera, secondo l’accusa con l’aiuto del suocero. Compie un’operazione atroce e incomprensibile: lo decapita. La testa finisce chiusa in un forno della pizzeria di Senna. La ritroverà la polizia il giorno successivo, martedì mattina, mentre il corpo, caricato sulla Porsche Cayenne di proprietà dello stesso Brambilla, viene portato fino a Domodossola e gettato in un dirupo. L’auto viene poi abbandonata in un parcheggio di Nova Milanese.

Avvocato caratese. Vicenda incomprensibile: notissimo alle forze dell’ordine, con le quali collaborava da anni come consulente tecnico della Procura, Arrighi è stato interrogato per ore a partire dal pomeriggio di ieri, negli uffici della squadra mobile di Como. Con lui il suo avvocato, il caratese Ivan Colciago (è anche difensore civico del Comune guidato da Marco Pipino), di fronte al pubblico ministero Antonio Nalesso, uno dei sostituti procuratori con cui più a lungo l’armaiolo aveva collaborato anche in un passato recentissimo.

La confessione. Arrivare ad Arrighi non è stato difficile: ieri mattina Elena Puricelli, 36 anni, compagna di Brambilla, ne denuncia la scomparsa alla Polizia. Dice che non è tornato a casa e che non è da lui. Dice anche che, il giorno prima, aveva appuntamento con Arrighi. Così, in mattinata, gli agenti della squadra volante si presentano in negozio. L’armaiolo prova a negare ma ai poliziotti non sfugge l’odore si candeggina che aleggia nel locale: qualcuno si è dato da fare per pulire ma ha dimenticato una macchia di sangue su uno stipite. Un ispettore scorge poi una vetrinetta smontata. Sopra ci sono dei capelli e quella che sembra pelle. Gli agenti sanno che Arrighi è armato e decidono di chiamare i rinforzi. Dopo pochi minuti rientrano in cinque, nell’armeria. L’epilogo è una confessione, drammatica, macabra.
Antonella Crippa