Luciano Calvi, bronzista d’arte:figura bella, in via d’estinzione

Luciano Calvi, bronzista d’arte:figura bella, in via d’estinzione

Monza – Il suo compito è entrare nell’animo dell’artista, dando essenza e vita alla semplice bozza. Questo è quello che da oltre quarant’anni fa Luciano Calvi, 60enne, monzese, uno degli ultimi bronzisti d’arte. Ci accoglie nella sua bottega di via Lecco dove tra arnesi, bozze e vernici spuntano anche le opere finite e che andranno ad arredare palazzi suntuosi e gallerie. Perché Calvi, che ha iniziato a lavorare in fonderia appena 14enne, ha collaborato con artisti di fama internazionale da Pomodoro a Schillaci fino a recenti lavori per Nagathami. Oltre che per gli artisti monzesi Giuseppe Locati e Luisa Marzatico.

A raccontarci la sua storia e la sua professione ormai in via di estinzione è lo stesso Calvi affiancato, in bottega, dal figlio Marcello, neodiplomato alle prese con l’apprendimento dei segreti del mestiere.
In che cosa consiste il suo lavoro?
“Il mio compito è dare l’anima alla bozza dello sculture. E’ un procedimento lungo e complicato. In primis creo gli stampi sull’opera. Dagli stampi in gesso e gomma siliconica si ricava il duplicato in cera che viene rifinita manualmente tracciando i condotti per la fusione e gli sfiati per la fuoriuscita del gas. Lo stampo viene quindi avvolto da un impasto di terra refrattaria e messo a cuocere tra i 400 e i 600 gradi per poi versarvi il bronzo fuso nella forma. Una volta raffreddata, con martello e piccone l’opera viene liberata dall’involucro, saldata, sbavata, cesellata e infine patinata”.

Come è nata la passione per questa professione?
“E’ da quando ho 14 anni che lavoro in fonderia. Ho iniziato a Monza, alla Mam, poi da quando ho 23 anni mi sono messo in proprio lavorando per le maggiori fonderie d’arte italiane. In fonderia ho imparato a saldare ogni tipo di metallo anche se in questo lavoro oltre alla manualità è importante anche la creatività”.

Quali sono le caratteristiche per svolgere questo lavoro?
“Bisogna essere dotati di infinita pazienza, tanta voglia di sporcarsi e immenso spirito di sacrificio. Proprio per quest’ultimo dono ringrazio mio padre Bruno che mi ha insegnato a non risparmiarmi mai con il suo esempio di contadino e di ex reduce della guerra di Russia”.
E’ forse per questo motivo che quello del bronzista d’arte è un lavoro in via d’estinzione?
“Si. Chi decide di diventarlo deve sapere che non ci sono domeniche e che spesso si vive per lo più di gloria. Soprattutto in questo periodo di crisi economica quando il pezzo d’arte è diventato un elemento superfluo. Adesso mio figlio sta apprendendo i primi rudimenti di questo mestiere ma non so se vorrà portarlo avanti. Comunque in famiglia prosegue la passione per l’arte con mia figlia che sta studiando restauro all’Accademia di Brera”.

Malgrado le difficoltà lei ama il suo lavoro?
“Tantissimo, è una professione che ripaga di una straordinaria ricchezza interiore a contatto tutto il giorno con il bello. A quale opera è maggiormente legato? Impossibile dirlo. In oltre quarant’anni di attività ne ho sfornate migliaia, lavorando in tutto il mondo. Forse da monzese guardo sempre con un pizzico di orgoglio la scultura di Giuseppe Locati in un cortile di via Carlo Alberto che ho fuso io”.
Barbara Apicella