L’onda di petrolio va verso il PoMonza, l’allarme di Legambiente

Monza – La macchia di petrolio è ormai a pochi chilometri dal Po: i vigili del fuoco non sono riusciti a fermarla e nella mattina di mercoledì è arrivata quasi a Orio Litta, nel Basso Lodigiano. «La Regione Lombardia – dichiarano Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, e Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – chieda al governo la dichiarazione di stato di emergenza ambientale nazionale, perché siamo di fronte a un disastro ambientale vero e proprio. Il problema non riguarda solo il fiume Lambro ma tutta l’asta del Po fino al delta. Per arginare i danni che può causare la macchia d’olio, urge un coordinamento nazionale degli interventi delle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna».

«Un disastro ambientale senza precedenti per l’ecosistema del fiume Lambro che ne pagherà a lungo le conseguenze». E’ il commento dei volontari che per tutto il giorno di martedì hanno monitorato il corso del Lambro da Villasanta alla foce. «E’ una catastrofe ambientale con conseguenze a lungo termine – ha detto Barbara Meggetto, direttrice di Legambiente Lombardia – che ha colpito uno dei principali corsi d’acqua lombardi a causa della fuoriuscita di derivati petroliferi dai depositi della ex-raffineria Lombarda Petroli di Villasanta». Insieme a lei i volontari di Legambiente e la Protezione Civile stanno lavorando da due giorni.

«Si tratta – si legge in un comunicato dell’associazione del Cigno- di uno dei più gravi disastri ambientali verificatisi di recente in Lombardia, che potrebbe avere conseguenze di lungo periodo, considerata anche la messa fuori servizio del grande depuratore di Monza San Rocco, che tratta le acque fognarie di oltre mezzo milione di brianzoli».

«Qualunque ne sia la causa, accidentale o dolosa, questa nuova catastrofe torna a mettere in luce l’insufficienza della prevenzione dei rischi industriali – ha dichiarato Damiano Di Simine – la Lombarda Petroli è infatti una delle 287 industrie obbligate a fornire piani di emergenza per effetto della direttiva Seveso». La direttiva dell’Unione Europea adottata nel 1982 in seguito alla tragedia del 10 luglio 1976 dell’Icmesa di Seveso impone agli Stati membri di identificare i propri siti a rischio. La direttiva è evoluta nel corso del tempo, la versione più recente è la direttiva del 2003 (conosciuta come Seveso 3) che riguarda il controllo dei rischi da incidente rilevante che coinvolgano sostanze pericolose.

«Alla luce di tale direttiva – conclude Di Simine – cittadini e amministratori dovrebbero conoscere tutto dei rischi attuali e potenziali connessi a questi siti industriali, per sapere come comportarsi in caso di evento accidentale. Invece anche in questo caso l’evento ha potuto sviluppare tutto il proprio potenziale distruttivo prima che venissero attivate le strutture di intervento».