L’addio a Maurizio MoscaE il suo legame con Monza

Monza – Si era dato una bella calmata, Maurizio Mosca, dopo la batosta fisica patita appena qualche anno fa e dalla quale s’era faticosamente ripreso, fino a tornare in pista – ovvero agli schermi televisivi – tuttavia con cadenze più umane. “Mosquito” aveva smesso di correre su e giù per lo Stivale, saltabeccando incontenibile e geniale da una televisione all’altra, come divorato da un fuoco sacro. E in effetti per lui sacro era il suo lavoro, sacro e totalizzante, tanto da indurlo a sacrificargli tutto: affetti, famiglia, il cosiddetto tempo libero, per lui un concetto del tutto astruso. A stento rispettava perfino l‘obbligo della “corta”, che in gergo giornalistico è il giorno di riposo che contrattualmente spetta a ogni lavoratore.

Quando era alla “Gazzetta dello Sport” arrivò ad accumulare oltre quattrocento giorni di ferie. Invano l’amministrazione cercò d’imporgli che ne fruisse. Maurizio diceva ok, poi si presentava comunque in redazione. Lì c’era la sua famiglia, a casa solo l’adorata madre, malata, con la quale viveva e a cui non ha mai mancato di garantire le costosissime cure necessarie. Lo strenuo impegno professionale ha riempito la vita di quest’omino di ferro all’apparenza, fragile e indifeso in realtà. Gli ha regalato momenti d’infantile felicità che nel privato non ha mai conosciuto. Giusto quando aveva rallentato i suoi folli ritmi, è arrivata la seconda definitiva stoccata.

Da tempo sofferente, Mosca ha vissuto i suoi ultimi giorni lontano da tutti e da tutto, come volesse andarsene senza disturbare. Anche se non ha mancato di partecipare, via Internet, al tormentone del momento: Mourinho o Balotelli? E nella querelle, figurarsi, Maurizio si è schierato con Balotelli, mentre la maggioranza prendeva le parti del tecnico portoghese. Sempre controcorrente, sempre maestro nel cogliere l’essenza della polemica, sempre insuperabile nel cavalcare o spesso confutare gli umori della gente. Prossimo all’addio, Maurizio è tornato il ragazzo un po’ timido e insicuro che in realtà in privato è sempre stato. Così lontano dall’istrione che la tivù ci ha consegnato. Così diverso dalla maschera vincente, dalla consapevole caricatura di se stesso che esibiva a beneficio dei telespettatori. Un professionista preparato, cresciuto alla scuola di grandi maestri, in primis suo padre, Giovanni Mosca.

Le sue gag, i suoi monologhi stralunati, l’improbabile pendolino, la sciarpa al collo in ogni stagione. Quel rovesciarsi all’indietro sulla sedia, poi il repentino spalmarsi sulla scrivania, i gomiti larghi, il volto ora stupito ora indignato: tutto di lui ci mancherà.

Con la nostra città Maurizio aveva un rapporto speciale. Tanti amici: Daniele Massaro, ad esempio, che Mosca scoprì giovanissima promessa e seguì sempre con particolare affetto. O Pietro Mazzo, il presidente dell’Unione società sportive monzesi, e suo figlio Roby. Negli anni Ottanta, quando un intraprendente giovanotto monzese si mise in testa di fondare un settimanale, “Lo Sportivo”, Mosca prestò con entusiasmo la sua collaborazione. L’avventura ebbe vita breve, e il primo a dolersi del mancato decollo della nuova testata fu proprio il futuro mattatore di tanti programmi televisivi.
Giancarlo Besana