"La Russia comunistami pagava regolarmente"

Monza – “Quando facevo l’insegnante di storia in Moldavia, sotto la Russia comunista, mi pagavano regolarmente, poi sono dovuta emigrare in Italia, dove i soldi per il tuo lavoro li vedi dopo un anno”. Come non provare un po’ di imbarazzo, da cittadini del Belpaese, davanti alle parole di Margherita Butnaru, interprete di rumeno e russo? Dopo essersi “inventata” un mestiere, quello di traduttrice per il tribunale, Margherita adesso è costretta a gettare la spugna, pur godendo ormai di ottime credenziali presso giudici e forze dell’ordine, autorità con le quali collabora per il corretto svolgimento dei processi e di delicatissime indagini incentrate sulle intercettazioni telefoniche.
“Tanto per fare qualche esempio, i pagamenti per i lavori fatti a Monza circa un anno fa arrivano adesso, sono cifre forfetarie, senza indicazioni relative alle fatture che ho emesso, col risultato che non sai quanti soldi arriveranno e per cosa, mi sono aperta una partita iva, ho pagato un commercialista per tenermi la contabilità, ma in questo modo nemmeno lui capisce che fattura è stata pagata”. La giustificazione di tanto caos e sempre la stessa: “mancano fondi”. In questo modo Margherita è costretta a rivedere i suoi piani e le sue ambizioni professionali: “il lavoro mi piace e vorrei continuare a farlo, anche perché non è certo un mestiere che si impara in pochi giorni”. Quello dei traduttori infatti costituisce un apporto fondamentale al funzionamento della giustizia. Basti pensare alle intercettazioni telefoniche.

“Pensiamo alle indagini sul terrorismo, per esempio, senza di noi come farebbero gli inquirenti?”, dice Leila Hassoun, libanese. “Questo lavoro fa parte della mia vita da ormai tanti anni, e quindi non voglio mollarlo, ma certo che così non si può andare avanti, i soldi arrivano dopo anche un anno”. 
f. ber.