Il vincitore del Premio Locati,Francesco: “Sono soddisfatto”

Il vincitore del Premio Locati,Francesco: “Sono soddisfatto”

Monza – “Il lavoro si muove con competente maturità di linguaggio e di prospettiva e procede in maniera ben argomentata e logica. Il tentativo finale di rifondere i diversi ambiti  di competenze e metodologie rivela uno sforzo di sintesi: la dimensione “estetica” (nei termini dell’autore “arte”) funziona da momento  originario del sapere e favorisce la distinzione e la complementarietà delle procedure dei saperi riflessi”.

Questa la motivazione che ha portato la giuria a scegliere il trattato di Francesco Valagussa. Il vincitore, 27 anni, residente a Seregno laureato in Filosofia all’Università San Raffaele dove attualmente lavora come ricercatore di Filosofia teoretica con un contratto a tempo determinato. “Sono soddisfatto – ha commentato – Oggi oltre all’analisi abbiamo bisogno di sintesi, solo l’unitarietà dà senso al quadro”. E a chi gli domanda che senso ha oggi fare il filosofo, il giovane vincitore risponde secco. “Io non sono un filosofo ma una che studia la filosofia”. Così come quando gli si chiede se ha ricevuto un’educazione cattolica. “Certamente – ha aggiunto – Anche se ritengo che il dialogo sia alla base di tutto”.

Quindici cartelle nelle quali Francesco Valagussa analizza e sintetizza il rapporto tra fede, scienze e filosofia. Partendo dal presupposto che in momenti diversi della storia dell’umanità, a turno ciascuna di queste discipline ha vissuto momenti d’oro. Per poi recuperare una sorta di “sensus comunis” che accomuna l’umanità e tiene insieme i cuori, ovvero l’arte. Parole di plauso anche da parte del mecenate Giuseppe Locati che ha commentato positivamente il trattato del vincitore. “Francesco Valagussa ha realizzato un excursus notevolissimo – ha commentato – Non dimentichiamo inoltre che il Novecento è stato un secolo importantissimo in cui si è passati dal pensiero semplice a quello complesso con il superamento dei concetti euclidei, mettendo in discussione le nostre coscienze”.
Barbara Apicella