Il comunicato del Comitato di redazione:«Legge bavaglio, pericolo per la sicurezza»

Monza – La chiamano legge bavaglio perché riduce drasticamente la possibilità per la stampa di dare notizie sulle inchieste giudiziarie. Ma il tanto vituperato ddl sulle intercettazioni, in realtà, non riguarda solo i giornalisti e i magistrati, chiamati, in caso di approvazione delle nuove norme, a misurarsi con un sistema che è un trionfo di burocrazia e un regalo ai delinquenti.

Riguarda tutti da vicino perché invece di rendere la macchina della giustizia più efficiente, non fa che complicare la vita a chi deve garantire la sicurezza dei cittadini. Già il solo fatto che la legge preveda un tempo ridotto per le intercettazioni significa che si ha meno tempo per indagare. Certo, si possono chiedere proroghe di tre giorni in tre giorni, ma bisogna farlo interpellando un collegio di tre giudici, non più il gip come succede ora, che spesso sono in un altro Tribunale e ai quali occorre inviare tutto il fascicolo dell’inchiesta per decidere. Meno male che poi, in altri campi, si parla di snellimento delle pratiche, si fanno falò per bruciare le leggi in eccesso, si invocano procedure più semplici. Una norma come quella per le proroghe ha come unico scopo quello di complicare il lavoro ai magistrati e quindi impedire loro di intercettare oltre il tempo consentito.

Eppure le intercettazioni non servono solo a scoprire la cricca di turno, a svelare i retroscena di appalti in cui politici e funzionari indirizzano illecitamente la gara tra le aziende, servono anche per prendere rapinatori, stupratori, anche per sgominare bande di trafficanti di uomini e donne, quelli che fanno venire in Italia i clandestini lucrando sul loro viaggio e sulla loro permanenza. Insomma, servono a garantire quella sicurezza sulla quale le forze che sostengono l’attuale Governo hanno fondato la loro campagna elettorale promettendo alla gente il pugno duro contro i malviventi. Questa legge, insomma, rischia di rovinare i piani ai singoli cittadini, agli imprenditori che vedranno diminuire le possibilità di indagini sulla mafia e sulle sue infiltrazioni nel sistema degli appalti. È vero che sulla carta le intercettazioni sulla criminalità organizzata vengono salvaguardate. Ma bisogna che siano fin dall’inizio basate su elementi che indicano già la presenza di un’associazione a delinquere, mentre tutti sanno che spesso le indagini di mafia si costruiscono partendo dall’usura, dall’estorsione o da altri reati ancora.

La legge, infine, ha effetti deleteri anche sui diritti degli elettori perché se un politico verrà arrestato potremo sapere dai giornali per riassunto i motivi dell’arresto, ma non conoscere le intercettazioni che lo riguardano, non conoscere fino in fondo, quindi, perché è intervenuta la magistratura. Senza parlare di alcune chicche che, sinceramente, sono difficili da spiegare. Secondo le norme annunciate dal Governo per rispettare la privacy dei cittadini se in una intercettazione disposta nell’ambito di una indagine per corruzione, emergono elementi che riguardano altri reati commessi (droga, estorsioni o chissà cos’altro di più grave) questi ultimi non possono essere utilizzati in altri fascicoli. Quale sia il motivo è veramente difficile saperlo. Così come non si capisce (o meglio, si capisce troppo bene) il perché del cosiddetto emendamento D’Addario, quello che impedisce a una persona di registrare le conversazioni in cui essa stessa è protagonista.

Per questo i giornalisti de «il Cittadino» aderiscono alla giornata del silenzio indetta dalla Federazione nazionale della stampa e, oggi, non aggiorneranno le notizie del quotidiano on line www.ilcittadinomb.it.
Il Comitato di redazione de «il Cittadino»