Giuseppe ed Helen Rizzardi:l’amore ai tempi dei lager

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Seregno – «Ai miei carissimi nipoti, con tutti quei migliori auspici che l’amore dei nonni può augurare». Giuseppe Rizzardi, monzese classe 1920, ha dedicato con queste parole ai suoi nipoti Andrea, Elena e Marco Vendraminetto il volume “Ricordi”, stampato in poche copie nel gennaio di dodici anni fa per riassumere la sua esperienza di vita, che ha conosciuto negli anni bui della seconda guerra mondiale una svolta inaspettata. Scomparso tre anni fa a Seregno, dove in seguito al termine del conflitto bellico si era trasferito, Rizzardi ha chiarito nell’introduzione il significato della decisione di mettere per iscritto la sua vicenda: «È questa una memoria storica, che io voglio non vada smarrita almeno dai miei nipoti, nella speranza che da loro sia rimandata nel futuro».

Impegnato come volontario sul fronte albanese nell’estate del 1943, il brianzolo si diede alla macchia all’indomani dell’armistizio con le truppe alleate firmato l’8 settembre da Pietro Badoglio, unendosi sulle montagne al battaglione partigiano che portava il nome di Reghep Perlati, un maestro elementare del posto assurto ad eroe nazionale dopo la sua impiccagione nel 1942. Catturato dai filofascisti albanesi nel 1944 dopo varie peripezie, fu indirizzato dapprima in una fabbrica come operaio e poi, dopo che ne fu constatata la scarsa collaborazione, in un campo di lavoro del variegato universo di Auschwitz. Qui, con abilità tutta italiana, si arrangiò con qualche lavoretto ingraziandosi le guardie, circostanza che tutto sommato gli permise di sfangarla senza sopportare pene eccessive. Peggio andò ad Helen, la sua futura moglie, un’ebrea classe 1924 originaria di Munkacs, paesino ungherese oggi passato sotto la competenza territoriale dell’Ucraina, che fu l’unica sopravvissuta con un fratello ed una sorella di una famiglia numerosissima che patì la triste realtà del campo di sterminio.

Il legame tra i due, sbocciato durante la prigionia successiva a Reichenbach, diventò più forte con il trascorrere del tempo e, quando le armi finalmente tacquero, in coda ad un viaggio a dir poco difficoltoso nel cuore di un’Europa devastata, si sposarono il 30 agosto in Ungheria, dinanzi ad un funzionario comunale che di italiano non sapeva una parola. Traslocarono quindi prima a Monza e poi a Seregno, dove Rizzardi ha gestito fino alla pensione una cooperativa a ridosso del centro storico e dove la moglie vive tuttora. «Al ritorno a casa – spiega oggi il nipote Andrea – il nonno fu informato che suo fratello Aldo era morto nel lager di Mauthausen, dove era stato deportato sulla scorta della sua attività partigiana. Non a caso, mamma si chiama Aldina. A differenza di suo marito, la nonna non ha mai parlato di quel che ha attraversato: la sofferenza per lei è stata troppa ed anche a decenni di distanza spesso si svegliava di notte con gli incubi». Ora “Ricordi” potrebbe essere riedito dal Circolo culturale Seregn de la Memoria.
Paolo Colzani