Dell’eterno femminino regaleGiosue Carducci e la sovrana

Carducci il 4 novembre del 1878 era da curioso tra la folla che si pigiava in piazza San Petronio per salutare il re e la regina Margherita, «spiccante mite in bianco, bionda e gemmata » in visita a Bologna. E la mattina di poi, invitato dal rettore, accettò di andare con i colleghi di università ad ossequiare i reali d'Italia.
Dell’eterno femminino regaleGiosue Carducci e la sovrana

Monza – Margherita di Savoia è tornata a Monza nelle stanze sue e del marito e cugino, re Umberto I. Dopo le nozze infatti, avvenute nel 1868, era venuta per la prima volta nella Villa, dono nuziale appunto da parte del re Vittorio Emanuele II. E con la reggia monzese la principessa stabilì da subito un legame profondo: le stanze del primo piano recano l’impronta personale di lei, impegnata nella scelta degli arredi e delle suppellettili. Umberto e Margherita, divenuti sovrani nel 1878, soggiornarono sempre volentieri a Monza ogni anno tra il giugno e l’ottobre sino all’infausto 1900.

Margherita rinnovò profondamente la vita della corte sabauda a Roma come a Monza, aprendola alla mondanità e alla cultura. Alla corte di Margherita in una specie di circolo o salotto intellettuale della regina, si ritrovarono filosofi, scrittori, uomini pubblici, come Terenzio Mariani della Rovere, già ministro con Pio IX e con Cavour, Ruggero Borghi, deputato della destra storica e ministro, Marco Minghetti, Presidente del Consiglio in due diversi periodi e tante tante altre celebrità del tempo. Era la giovane regina un’apparizione di bellezza e gentilezza che esercitava un profondo fascino.

E ne rimase colpito anche Giosuè Carducci; il poeta, anticlericale e repubblicano, aveva appreso da un amico, Giuseppe Zanardelli, autorevole uomo politico della sinistra salita al potere nel 1876, che la regina lo ammirava come poeta specialmente per le Odi Barbare, delle quali sapeva a memoria “Alla Vittoria” e che aveva pensato di proporlo per la croce al merito civile. Il poeta aveva creduto opportuno rifiutare, non volendo come repubblicano dichiaratissimo accettare certi obblighi annessi. Certo era rimasto grato alla regina, amica della poesia e delle arti. Val la pena di una breve parentesi per ricordare che “Alla Vittoria” è un’alcaica delle Odi Barbare composta nel 1877.

Carducci visita a Brescia il Museo civico in compagnia della signora Carolina, orazianamente chiamata Lidia, e si ferma ad ammirare estasiato la bronzea statua ellenica della Vittoria alata. Alla fantasia del poeta la statua diventa la Dea che condusse alla vittoria i peltasti greci e volò innanzi alle trionfanti legioni romane e il Carducci si augura di vedere presto la Dea ritta sulle Alpi, segnare e benedinefandi. Torno al Carducci, che il 4 novembre del 1878 era da curioso tra la folla che si pigiava in piazza San Petronio per salutare il re e la regina Margherita, «spiccante mite in bianco, bionda e gemmata » in visita a Bologna. E la mattina di poi, invitato dal rettore, accettò di andare con i colleghi di università ad ossequiare i reali d’Italia. E il poeta coglie nella regina «rara purezza di linee e di pore la definitiva vittoria d’Italia sulla prepotenza straniera.

Nel 1877 purtroppo non tutte le Alpi erano nostre. La Vittoria non risponde al poeta, ma alla gentile Lidia che le offre un serto di fiori. Sì, dice la Dea, io fui simbolo della bellezza greca e della forza latina. Attesi secoli e secoli sotto terra. Quando fu il tempo segnato dal destino, mi riportarono alla luce (ciò fu nel 1926), perché annunciassi all’Italia una nuova era di libertà. Lieta del fato Brescia raccolsemi Brescia la forte, Brescia la ferrea, Brescia leonessa d’Italia beverata nel sangue nemico. Glorificazione della nobile ed eroica Brescia che, pur dopo la sconfitta dei piemontesi nella “brumal Novara”, resistè agli austriaci fieramente e disperatamente nelle dieci giornate del marzo ’49 e, sopraffatta, patì rappresaglie di crudeltà e di martiri nefandi. Torno al Carducci, che il 4 novembre del 1878 era da curioso tra la folla che si pigiava in piazza San Petronio per salutare il re e la regina Margherita, «spiccante mite in bianco, bionda e gemmata » in visita a Bologna. E la mattina di poi, invitato dal rettore, accettò di andare con i colleghi di università ad ossequiare i reali d’Italia. E il poeta coglie nella regina «rara purezza di linee e di pose», «una bontà dignitosa», «una bionda dolcezza», «una soavità di colomba», «dei sorrisi più rosei». Le parole virgolettate sono tolte dalla prosa autobiografica del Carducci “Eterno femminino regale “: il poeta vede impersonata in Margherita l’idealità della donna in cui si assommano le più alte e affascinati qualità femminili. Il 20 novembre ricorreva il compleanno della regina.

Il 20 novembre del 1878 Carducci pubblicava l’ode alcaica “Alla regina d’Italia” , in cui rinnova l’esaltazione ideale della sovrana. Afferma di aver già intravveduta quella apparizione di gentilezza e di bellezza forse in alcune donne delle antiche canzoni di gesta, o nelle rime dei poeti toscani del dolce stil novo. Già immagine colta nel passato, avvolta in tale luce di arte e di poesia, ora splende «bianca stella di Venere» al popolo, «fulgida e bionda» e resterà nel futuro figura ideale, sino a quando le immagini di donna dipinte da Raffello con i delicati colori ispirati al tramonto e i sospiri d’anima dei versi del Petrarca avranno valore tra gli uomini. Così chiude il poeta il canto per la regina. Personaggi e avvenimenti che val la pena ricordare specie quest’anno che celebra l’unità d’Italia. Intanto la riapertura per la mostra delle sale dove vissero il re e Margherita è un primo passo, salutato con entusiasmo, verso la rinascita della splendida Villa.
Pier Franco Bertazzini