Autopsia dopo 110 milioni di anniNuove scoperte sul dinosauro Ciro

Presentati a Milano i risultati di cinque anni di studio sullo straordinario fossile di Scipionyx Samniticus, analizzato da Cristiano Dal Sasso, paleontologo di Concorezzo: quando è morto, il dinosauro era appena nato.
Autopsia dopo 110 milioni di anniNuove scoperte sul dinosauro Ciro

Monza – Il dinosauro Ciro torna a stupire e con lui il suo principale studioso Cristiano Dal Sasso, il paleontologo di Concorezzo che lavora per il Museo di storia naturale di Milano. Era stato Dal Sasso a guadagnarsi la copertina del periodico scientifico statunitense ”Nature” con gli studi preliminari sul fossile trovato a Pietraroja, vicino a Benevento, nel 1980. Era una scoperta fondamentale: uno degli animali preistorici meglio conservati al mondo. Battezzato Scipionyx samniticus, è diventato presto celebre con il soprannome di Ciro. E oggi, tredici anni dopo le prime rivelazioni, torna a raccontare molto di sé.

Lo fa grazie a «una vera e propria “paleo-autopsia” – racconta il gruppo di ricerca – Cristiano Dal Sasso e gli altri ricercatori con l’ausilio di tecniche innovative come la fotografia in luce Uv, la Tac e la microscopia elettronica a scansione, hanno scoperto che gli organi interni di Scipionyx sono fossilizzati in modo eccezionale anche a livello cellulare e subcellulare, tanto da poterne vedere, dopo 110 milioni di anni, cellule muscolari, vasi sanguigni e capillari e addirittura i batteri contenuti nell’intestino».
I risultati di cinque anni di studio sono tali da essere stati raccolti in un volume di 300 pagine, edita congiuntamente dalla Società italiana di scienze naturali e dal Museo di storia naturale di Milano.

«Più che immaturo: è un neonato» scrivono prima di tutto i ricercatori al termine dello studio: «Le piccole dimensioni (solo 50 centimetri, coda compresa) e le “strane” proporzioni del corpo, come gli occhi enormi e il muso corto, erano già un chiaro indizio di immaturità. Ora sappiamo anche che Ciro aveva la fontanella fronto-parietale ancora aperta, proprio come i nostri neonati. Il confronto con i pulcini di alcune specie di uccelli ha evidenziato, oltre a questa somiglianza, anche la probabile presenza di un analogo spazio vuoto per il sacco del tuorlo nell’addome. Tutto ciò indica che Scipionyx morì pochi giorni dopo la nascita».

Soprattutto, «caso unico al mondo, Scipionyx conserva con un dettaglio anatomico incomparabile una varietà di tessuti molli mai visti prima in un fossile. Tra i tessuti interni vi sono legamenti intervertebrali, cartilagini articolari nelle ossa delle zampe, muscoli e connettivi del collo, parte della trachea, residui dell’esofago, tracce del fegato e di altri organi ricchi di sangue, l’intero intestino, vasi sanguigni mesenterici, muscoli del cinto pelvico, degli arti posteriori e della coda. I tessuti esterni sono superbamente rappresentati dagli artigli cornei, ancora presenti sulle ultime falangi delle dita delle mani». 

Le fotografie realizzate con il microscopio elettronico a scansione hanno permesso di mettere in evidenza alcuni elementi che smentiscono che la ventilazione dei polmoni fosse aiutata da movimenti “a pistone” del fegato (come nei coccodrilli odierni). E ancora: i resti di cibo trovati nel fossile, notati solo in un secondo momento, si trovano lungo il tubo digerente e permettono non solo di raccontarci cosa avesse mangiato, ma anche in ordine. «Ed ecco l’ennesima scoperta: la dieta di questo dinosauro “carnivoro” in realtà non comprendeva solo carne (piccoli rettili) ma anche pesci. Le dimensioni relativamente grandi di una zampa di lucertola trovata nello stomaco di Ciro fanno supporre che il piccolo dinosauro sia stato nutrito dai genitori con pezzi di prede catturate e smembrate appositamente per cibare i nidiacei».

Ma quindi, chi era Ciro? «Un albero evolutivo indica chiaramente che Ciro appartiene alla famiglia dei Compsognatidi – racconta Dal Sasso – piccoli dinosauri ricoperti di “proto-piume” evolutisi dallo stesso gruppo che diede origine ai tirannosauri, ai velociraptor e agli uccelli».
Massimiliano Rossin