A Brugherio per baciare gli UmitTettamanzi alla messa per i Magi

Brugherio, due giorni da celebrareEpifania, torna il bacio agli Umit

Brugherio – «Sono venuto a Brugherio per venerare anch’io gli Umitt». Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha chiarito subito ai fedeli il senso della sua presenza in San Bartolomeo, dove martedì ha celebrato la messa vigiliare dell’Epifania. L’arcivescovo ha indicato le reliquie dei Magi con il nomignolo affettuoso utilizzato dai più anziani ed ha baciato, come si fa da secoli, le tre statuette. «Voglio associarmi a una venerazione che parte da una tradizione orale che vale la pena di approfondire con uno studio» ha affermato nella sua omelia in una chiesa stracolma di gente.

«Chiediamo ai Magi di non stancarci mai di cercare Gesù» ha raccomandato commentando il Vangelo di Matteo che narra il viaggio compiuto dai re partiti dall’Oriente, «sapienti, cercatori della verità», alla ricerca di Colui che dà senso alla vita, sia nei momenti belli che in quelli tristi. «Grazie a una stella, ispirazione di Dio, hanno capito che la verità non è qualcosa di astratto – ha precisato – ma di concreto: una persona». Quindi ha confrontato il loro mettersi in cammino con il nostro vivere frenetico: «Facciamo troppe cose – ha notato – i Magi però ci dicono che la ricerca di Dio è più importante di tutte le altre. Ci dicono che è il tesoro della nostra vita, che ha il diritto di stare al centro dei nostri animi. Cercare Dio è un gesto profondamente religioso, ma anche tipicamente umano». Matteo narra che a Betlemme i sapienti trovarono il Bambino in braccio a sua Madre: «È il centro del racconto e forse le quattro parrocchie della comunità pastorale si chiederanno dove collocare il centro della vita cristiana – ha chiosato riferendosi all’unità varata a settembre – non è in una parrocchia, ma in Gesù. Ognuna ha un valore e una specificità da rispettare, ma insieme si arricchiscono a vicenda. Nessuno perde qualcosa, ma guadagna».

L’arcivescovo si è quindi soffermato sui doni portati dai santi al Dio Bambino: oro segno della regalità, incenso segno della divinità e mirra per indicare la sua natura umana perché Cristo «condivide con noi l’esperienza più sofferta», la morte. «Adoriamo anche noi il Signore come i Magi che hanno consegnato loro stessi a Dio attraverso i doni – ha esortato Tettamanzi – lui è padrone a modo suo, ricco di amore che elargisce» senza risparmio. Il cardinale, infine, ha ricordato che tutti, illuminati dalla stella come gli Umitt, dobbiamo diventare «testimoni di fede, di Cristo e del suo Vangelo».

Nell’omelia non ha fatto alcun cenno alla cronaca, come forse si aspettava qualcuno tra le diverse centinaia di fedeli presenti: ha lasciato parlare i Tre Re, il cui prostrarsi davanti al Bambino «dimostra che Gesù è venuto per tutti i popoli della terra e che la Sua salvezza è per tutti».
Monica Bonalumi