L’editoriale del direttore: poche nascite? Basta dare la colpa solo ai giovani. I figli, oggi, costano troppo

Lo storytelling paternalista che addita, come uniche responsabili, le nuove generazioni, in virtù di una loro allergia alle responsabilità, è una vergogna da cancellare
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

Anche nei convegni sul futuro della nostra economia si comincia sommessamente a parlare di una realtà che, per la sua gravità, andrebbe gridata: se il calo delle nascite, in Italia, proseguirà sulla scia di quanto avvenuto negli ultimi anni, immaginare un futuro di crescita, anche qualora le gravi criticità del presente (guerre in primis) dovessero scomparire, rischia di essere poco più di un’utopia.

Ma c’è, in questo contesto, un’altra verità che merita di essere sottolineata: certo storytelling paternalista che addita, come uniche responsabili della situazione, le giovani generazioni, in virtù di una loro allergia alle responsabilità, è una vergogna da cancellare. Certo, è innegabile che vi sia un aspetto culturale. Ma c’è anche un aspetto materiale. E pure bello grosso.

Se, come riporta una recente indagine di Legacoop, un figlio incide per un terzo sul bilancio di una famiglia e se, contemporaneamente, anche a fronte di un incremento degli utili delle aziende, i salari continuano a stagnare e il precariato dilaga, c’è poco da accusare i “bamboccioni”: per mettere al mondo un bambino servono delle condizioni minime di partenza, senza le quali pensare di procreare diventa, al contrario, sintomo di irresponsabilità. In primo luogo nei confronti del nascituro. Dunque, cari soloni: meno paternalismo e (magari) più onestà intellettuale.