L’editoriale del direttore: ogni “morte bianca” è sempre una morte di troppo

La ripresa, in Brianza, funestata dall’ennesima notizia di un decesso sul lavoro. Questa volta è toccato un giovane di 22 anni.
Cristiano Puglisi
Cristiano Puglisi

La ripresa dopo la pausa estiva, in Brianza, è funestata dall’ennesima notizia di un decesso sul lavoro. Tanto più dolorosa perché, in questo caso, ha riguardato un ragazzo di solamente 22 anni. Un’età, quella, in cui molti giovani, oggi, non hanno neppure idea di cosa faranno “da grandi” (non sempre solo per colpa loro, va detto). Ma, anche per questo, un’età in cui i ragazzi possono immaginarsi di diventare qualunque cosa, di poter essere chiunque. Per la disillusione, con un’esistenza intera davanti, c’è sempre tempo.

E invece, per l’operaio che ha perso la vita mercoledì pomeriggio a Monza, in un’azienda di servizi ambientali di via per Cinisello, un domani, anche solo da sognare, non ci sarà. Per lui tutto è finito, in pochi, terribili istanti, in un nastro trasportatore per la compattazione dei rifiuti. Si tratta del quarto caso, nella nostra provincia, dall’inizio dell’anno. Certo, detto così potrebbe non sembrare un dato particolarmente allarmante. Ma morire all’improvviso, mentre si sta faticosamente cercando di “portare il pane a casa” non è accettabile. Perché ogni “morte bianca” annienta e cancella, nel modo peggiore, sogni e speranze. Non solo quelle di chi se ne va, ma spesso anche di chi gli è vicino: genitori, compagne, figli. Ogni ”morte bianca”, insomma, è sempre una morte di troppo.