Un artigiano brianzolo su due vorrebbe lasciare l’Italia

L’indagine dell’Unione Artigiani tra gli associati di Monza e Brianza rivela il malessere diffuso dovuto all’eccessivo peso fiscale. E il presidente Walter Mariani teme la fuga delle micro e piccole imprese verso il Canton Ticino.
Al lavoro in una officina brianzola
Al lavoro in una officina brianzola FABRIZIO RADAELLI

La pressione fiscale, più della crisi e della concorrenza. Queste sarebbero le ragioni confessate in forma anonima che hanno portato un artigiano su due della provincia di Monza e Brianza a pensare di lasciare l’Italia per fare fortuna oltre confine. Anzi, il 3% degli intervistatj dall’Unione Artigiani ha dichiarato di volersi trasferire sicuramente all’estero mentre un ulteriore 44%% afferma che lo farebbe senza esitazione se sole avesse la possibilità. Insomma, un quadro non proprio ideale per fondare, crescere e sviluppare l’impresa. Se aggiungiamo che solo il 19% è convinto della permanenza dell’attività sul suolo italiano per il prossimo futuro. E poiché gli artigiani rappresentano la spina dorsale dell’economia brianzola c’è di che riflettere quando il 47,2% dei 213 partecipanti al sondaggio anonimo desidererebbe una riduzione delle tasse per destinare risorse al rilancio degli investimenti. Non mancano critiche al sistema bancario, al governo e alla politica in generale. Tutto a fronte di un ottimismo a fasi alterne per il futuro (53.4%), all’auspicio di nuovi affari in vista di Expo (30,4%) in un contesto negativo nel quale il 60% degli imprenditori prevede un calo di fatturato da qui a fine 2013, oltre a temere una riduzione della forza lavoro. «Urge una riduzione del cuneo fiscale ormai insostenibile – sollecita al proposito Marco Accornero, segretario dell’Unione Artigiani – Non c’è più tempo. Servono provvedimenti immediati e drastici». Il presidente Walter Mariani rilancia: «Dalle risposte ricevute emerge che non c’è alcun segnale di una seppur minima ripresa all’orizzonte, neppure percepito. Il rischio concreto è quello che si inneschi una fuga delle micro e piccole imprese verso l’estero, nel nostro caso verso il Canton Ticino».