Incontro anti-slot con Il Cittadino «I sindaci devono poter dire no»

I Comuni devono avere la possibilità di dire «no» all’apertura di nuove sale gioco e di porre delle regole sulle slot machines nei bar e nei locali pubblici. È emerso dal convegno organizzato da Una Monza per tutti con Il Cittadino.
L’incontro sul gioco d’azzardo e le ludopatie nell’auditorium del Cittadino a Monza
L’incontro sul gioco d’azzardo e le ludopatie nell’auditorium del Cittadino a Monza

I Comuni devono avere la possibilità di dire «no» all’apertura di nuove sale gioco e di porre delle regole sulle slot machines nei bar e nei locali pubblici. È un grido forte e chiaro quello che è arrivato dal convegno organizzato dall’associazione Una Monza per tutti in collaborazione con il giornale Il Cittadino e che si è tenuto mercoledì sera in via Longhi.

Tutti i relatori – dal vice sindaco di Monza Cherubina Bertola al primo cittadino di Lissone Concetta Monguzzi – lo hanno ribadito con forza, condividendo le proposte legislative avanzate nelle conclusioni dal consigliere comunale di Monza, Anna Maria Martinetti.

Già, perché il problema dell’incredibile diffusione di queste macchinette sta proprio nelle maglie larghe di una legislazione che guarda ai proventi delle tasse dimenticandosi dei drammi sociali che il gioco d’azzardo provoca. Storie esemplari e di ogni genere, raccontate proprio dal settimanale il Cittadino che da qualche settimana ha avviato una campagna di sensibilizzazione, raccogliendo anche le adesioni dei baristi che hanno deciso di rinunciare alle macchinette nei loro locali. Sono già una quindicina gli esercenti che hanno detto no, raccontando vicende davvero terribili di mamme che, prese dalle febbre del gioco, dimenticano persino il figlio all’uscita di scuola. E di anziani che dilapidano la pensione un euro dopo l’altro.

Si stanno muovendo anche i Comuni. Quello di Monza, per esempio, ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per chiedere una normativa più chiara e restrittiva ma non c’è dubbio che i sindaci siano gli anelli deboli di una catena che, nella sola Lombardia, ha un giro d’affari di quasi dieci milioni di euro l’anno. L’esempio deve venire dall’alto, insomma e c’è chi sospetta che in Parlamento operi una potente lobby trasversale capace di bloccare ogni tentativo di regolamentazione. Forse è proprio vero, per dirla in altre parole, che il denaro non ha proprio colore e sapore. Neppure quello della disperazione dei tanti che ogni anno cadono nel tunnel della dipendenza da gioco.