Giussano, ha ucciso i figli di 2 e 8 anni: a novembre processo d’appello

Il 10 novembre inizia per il processo d’appello per Michele Graziano, l’uomo che a febbraio ha ucciso i figli di 2 e 8 anni a Paina di Giussano. In primo grado l’uomo era stato condannato all’ergastolo. La difesa punta al vizio di mente.
Illuogo dell’omicidio a febbraio 2014
Illuogo dell’omicidio a febbraio 2014 Fabrizio Radaelli

Processo d’Appello fissato il prossimo 10 novembre per Michele Graziano, il 37enne ex dipendente di una catena di supermercati che la sera dell’11 febbraio 2014, in un appartamento di via IV Novembre a Paina, uccise con un coltello i figli Thomas ed Elena, 2 e 8 anni, avuti da due relazioni diverse, entrambe naufragate, e poi tentò il suicidio. Secondo atto della vicenda giudiziaria, dunque, dopo la sentenza di primo grado del 13 novembre 2014, pronunciata dal gup Claudio Tranquillo che aveva condannato l’uomo all’ergastolo, al termine del processo celebrato col rito abbreviato.

Il giudice monzese aveva accolto la richiesta del pubblico ministero Vincenzo Nicolini, che contestava il reato di omicidio con l’aggravante della premeditazione e del vincolo di parentela delle vittime. Il nodo del processo era la perizia psichiatrica a cui era stato sottoposto Graziano, eseguita dal professor Marco Lagazzi. Lo psichiatra aveva concluso che la capacità di intendere e volere dell’uomo non era “grandemente scemata”, come sostenevano invece i difensori di Graziano. Questi ultimi, infatti, puntavano al riconoscimento di un vizio parziale di mente, o almeno di una patologia che facesse propendere verso una “attenuazione della responsabilità” e quindi uno sconto di pena.

Tesi che verrà riproposta anche in sede d’Appello. La sentenza di primo grado aveva stabilito anche risarcimenti per oltre un milione di euro riconosciuti alle famiglie dei due bimbi. Dopo la lettura della sentenza si era assistito a lacrime e abbracci tra i parenti nei corridoi del tribunale. “Giustizia è fatta”, era stato l’unico commento della mamma della piccola Elena, sorretta dal suo avvocato. Dopo il tragico fatto, Graziano aveva puntato la lama verso di sé, e si era trafitto il collo. Uno dei soccorritori arrivati per primo sul posto, aveva notato un movimento quasi impercettibile del padre, che per questo motivo era stato salvato. Dopo un periodo trascorso in psichiatria al San Gerardo, Graziano era stato poi portato in carcere.