Arcore ascolta Mori e De Donno protagonisti nella lotta alla Mafia

Interessante serata in Villa Borromeo ad Arcore per parlare della lotta alla mafia con Mori e De Donno.

Una serata vissuta “tutta d’un fiato” quella che venerdì scorso, 5 luglio in Villa Borromeo ad Arcore, presentata dal sindaco Maurizio Bono, che ha visto ospiti il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno, protagonisti in prima fila nella lotta contro Cosa Nostra, che con il loro impegno investigativo hanno dato risultati straordinari. Eppure, sono noti al grande pubblico soprattutto per il processo sulla presunta “Trattativa Stato-mafia“, concluso con la loro completa e definitiva assoluzione. Oggi, finalmente, possono raccontare cosa c’è dietro la persecuzione giudiziaria e mediatica che hanno subito con il libro: “La verità sul dossier mafia-appalti”.

Arcore ascolta Mori e De Donno oltre a Di Pietro

E nel bel mezzo della serata ecco che si è palesato, passato quasi inosservato, l‘ex pm Antonio Di Pietro che, com’è nel suo stile, ha buttato lì le sue considerazioni su uno degli indagati di allora: “Sappiamo che che Filippo Salamone è una figura chiave – ha detto – e ogni volta che si è provato a dimostrarlo è stato tutto bloccato. Né io né voi abbiamo mai potuto concludere la nostra inchiesta Mafia-Politica-Appalti. Ci siamo dovuti fermare. E nel momento in cui stavo per chiederne l’arresto, mi sono dovuto dimettere”. La risposta del colonnello Del Donno è stata quasi glaciale: “A quest’ora probabilmente saremmo morti sia io che lei”.
Mario Mori, generale dei carabinieri, è stato ufficiale del controspionaggio SID all’inizio degli anni settanta e poi con Carlo Alberto dalla Chiesa nei nuclei speciali antiterrorismo. È il fondatore del reparto investigativo ROS (Raggruppamento Operativo Speciale) dell’Arma dei Carabinieri e nei primi anni duemila ha diretto il SISDE, il servizio segreto civile. Ha condotto con successo molte operazioni sotto copertura, tra cui la cattura del boss mafioso Totò Riina.

Arcore ascolta Mori e De Donno, le figure di Falcone e Borsellino

Dopo intense indagini un’informativa fu preparata dai carabinieri del ROS guidati da Mori e De Donno e consegnata nelle mani di Giovanni Falcone, che le attribuì un’enorme importanza. Ma nella magistratura siciliana ci fu qualcuno che frenò a più riprese e poi archiviò senza giustificazioni la pista, ancora tutta da percorrere, che stava svelando il vero volto della mafia. Uno sconvolgente sistema corruttivo istituzionalizzato che, in tutta Italia, depredava le risorse pubbliche a vantaggio di selezionate cricche di politici e imprenditori, e di cui Cosa Nostra rappresentava il braccio armato.
Paolo Borsellino credeva che l’inchiesta Mafia-appalti fosse all’origine della morte di Falcone, ed è molto probabile che anche la strage di via d’Amelio (con il relativo depistaggio) sia da attribuire al dossier del ROS dei carabinieri. Antonio Di Pietro ha riconosciuto il suo stretto e inquietante legame con Mani Pulite. Oggi, finalmente, il pubblico italiano può conoscere la verità su un’inchiesta che non doveva proseguire, nel racconto documentato e coinvolgente di due protagonisti che hanno pagato un prezzo altissimo. Attese da anni, le testimonianze di Mori e De Donno sui fatti dei primi anni Novanta si leggono come un romanzo poliziesco. E faranno discutere, indignare, tremare: perché è tutto vero. Tra i presenti nel pubblico anche il comandante dei carabinieri di Monza e Brianza il colonnello Rosario Di Gangi.