Quei beni tolti alle mafie che per alcuni Comuni diventano un problema

Nel 2023 i beni cosiddetti “destinati”, quindi riutilizzati, soprattutto per finalità sociali, sono aumentati e dal 2020 l’incremento è stato del 265%.
Dia Direzione investigativa antimafia (da video istituzionale)
Dia Direzione investigativa antimafia (da video istituzionale)

Ne è stata fatta di strada da quando l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali poteva contare su una trentina di persone per un lavoro immane. La dotazione organica oggi ne conta quasi dieci volte tanto. Il risultato? Nel 2023 i beni cosiddetti “destinati”, quindi riutilizzati, soprattutto per finalità sociali, sono aumentati vertiginosamente e dal 2020 l’incremento è stato addirittura del 265%. Ciò anche grazie alla ottimizzazione dei processi di gestione e la migliore conoscenza dell’immenso patrimonio a disposizione così da “compiere scelte operative più adeguate”.

Quei beni tolti alle mafie che per alcuni Comuni diventano un problema: le difficoltà

Tuttavia, nonostante tanti affinamenti e miglioramenti, c’è ancora molto da fare: nella relazione si parla di proposte di modifica al Codice antimafia, attualmente al vaglio del Parlamento affinchè si risolvano alcune problematiche che rallentano i processi di destinazione dei beni. Ad esempio la possibilità di procedere ad accertamenti già in fase giudiziaria, anche attraverso la stretta collaborazione dei comuni, per verificare che immobili confiscati non siano stati realizzati abusivamente e quindi vadano demoliti e non destinati.

Un altro problema tutt’altro che marginale è poi rappresentato dai Comuni, soprattutto quelli più piccoli, che vedono i beni confiscati a loro trasferiti un “onere” piuttosto che una “opportunità” a causa delle “sempre maggiori difficoltà nell’espletare le attività di progettazione e ricerca di finanziamenti per valorizzarli”.

Quei beni tolti alle mafie che per alcuni Comuni diventano un problema: l’ultima relazione Anbsc

Tutte considerazioni contenute nell’ultima relazione della Anbsc. Al 31 dicembre i beni immobili complessivi destinati sono stati oltre 23mila, 18mila da quando è stata istituita la Agenzia, sugli oltre 43mila confiscati. Si tratta per la stragrande maggioranza di terreni agricoli (34%), appartamenti in condomini e box. Di questi, 1.967 in Lombardia (l’8,31% del totale in Italia), quinta dopo Sicilia (notevolmente distanziata), Calabria, Puglia e Campania. Sono invece 1353 i beni immobili lombardi rimasti in gestione alla Agenzia.

Quei beni tolti alle mafie che per alcuni Comuni diventano un problema: che fine fanno i beni immobili?

Ma che fine fanno i beni immobili destinati? Nella stragrande maggioranza, a parte una minima quantità mantenuta nel patrimonio statale, vengono trasferiti agli Enti territoriali con la “finalizzazione prioritaria” del riuso sociale. In Lombardia sono stati 233 (su 1506), 15,47%, i Comuni destinatari di beni (a titolo di paragone il 54% in Sicilia).
Solo nell’anno 2023, dei beni immobili destinati, 3.927 complessivi, oltre il 70% è andato agli enti territoriali (Comuni) e in oltre la metà dei casi viene impiegato per un uso sociale, quindi situazioni di emergenza abitativa e povertà, oppure progetti del terzo settore.
Poi ci sono i terreni: in Lombardia nei 240 destinati, in particolare ai Comuni, sono stati creati orti sociali o realizzati progetti che coinvolgono soggetti con disagio o giovani imprenditori agricoli. Da segnalare, in Brianza, la revoca e ridestinazione di quattro beni, “per mancato o difforme utilizzo”, beni assegnati alla agenzia del Demanio.
Ma tra i beni sottratti alla criminalità figurano anche quelli definiti mobili, quindi veicoli, il 25% dei quali sono finiti alle forze dell’ordine, il 22% venduti, il 39% rottamati e il 14% destinati a fini sociali, E poi animali per i quali, data la evidente necessità di destinazioni rapide, si apre una manifestazione di interesse che si esaurisce entro al massimo 30 giorni. E infine opere d’arte e culturali.