Decreto carceri: la Camera Penale di Monza lo boccia in toto

Dura presa di posizione della Camera Penale di Monza sul Decreto carceri.
Il carcere di Monza
Il carcere di Monza Fabrizio Radaelli

“La montagna che partorisce il topolino”. Non usano mezzi termini i membri del direttivo della Camera penale di Monza per definire con non poco sarcasmo il decreto carceri approvato dal governo nei giorni scorsi.
Un documento che in molti aspettavano e che si pensava potesse dare una seppur parziale risposta ai 65 suicidi che si sono consumati nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, uno anche nella casa circondariale di Monza, lo scorso 13 luglio «Sembrava stesse per scoccare l’ora delle decisioni giuste, valorose, civili. Sembrava – si legge in una nota del direttivo della Camera penale di Monza -. Il decreto carceri non cura, non risponde, non risolve, il risultato è insignificante rispetto alle aspettative».

Decreto carceri: la Camera Penale e la mancanza di coraggio

Il dito è puntato soprattutto contro provvedimenti che certamente non affrontano le effettive problematiche del carcere ma, se possibile, potrebbero anche esasperarle. La Camera penale parla di “provocazione” commentando la disposizione che consente l’aumento delle telefonate settimanali concesse al detenuto, «che avrà due chiamate in più per urlare ai propri affetti la sua disperazione. Era il momento di interventi immediati, di un ripensamento della fase cautelare e dei suoi presupposti, aprendo alla concessione di misure meno afflittive».
Ciò che manca, e che il direttivo della Camera penale denuncia da tempo, è «il coraggio». Un coraggio che «non c’è mai stato, trasversalmente, senza distinzioni di ideologie, colori e programmi».

Decreto carceri: la Camera Penale e la visita dei Radicali nella casa circondariale

Intanto lo scorso 8 agosto si è svolta proprio all’interno della casa circondariale di Monza la tradizionale visita agostana del partito Radicale. La delegazione composta da Simona Giannetti, consigliera del partito, Emilio Colombo, Francesco Pasquariello insieme al consigliere comunale monzese Paolo Piffer e ai consiglieri di Cinisello Balsamo Maria Caroleo e Antonio Velluto, assessore alle politiche sociali. A guidare gli ospiti tra i laboratori, gli spazi delle lavorazioni e le sezioni è stata la direttrice, Cosima Buccoliero, insieme al comandate della polizia penitenziaria.
Il problema principale nell’istituto di via Sanquirico è il sovraffollamento. Attualmente sono 699 i detenuti presenti, a fronte di una capienza regolare di 400 posti. «Il tentativo di abbattimento del sovraffollamento avviene con l’apertura delle celle in trattamento intensificato nelle sezioni ordinarie, dove c’è la terza branda, che viene in parte risparmiata a chi sta nelle sezioni “chiuse”. La scelta dunque è tra la cella chiusa o il sovraffollamento in cella, per questo qualcuno preferisce restare nella sezione chiusa pur di non doversi trovare con la terza branda, che impedisce ogni movimento al detenuto nella cella sia diurno che notturno – spiegano i radicali all’uscita dal carcere -. Il sovraffollamento è la base del disastro, ma lo sapevamo. Il punto di caduta del sovraffollamento sono quindi le condizioni igieniche scadenti con le cimici nelle celle, il personale educatore insufficiente e le difficoltà ad accedere alle misure alternative, per le quali serve un percorso trattamentale che conduca ad una relazione di sintesi necessaria per poter ricevere dal magistrato di sorveglianza la concessione del beneficio. Sempre grande assente il lavoro, come diritto per il reinserimento sociale e la rieducazione».