Carate, madre e figlio a processoPer loro l’accusa è di usura

Carate – «Abbiamo chiesto i soldi alla signora, perché, dopo la morte di mio marito, ci siamo accorti che ci doveva parecchio denaro. Non abbiamo però mai chiesto gli interessi, solo alla fine, quando abbiamo visto che non poteva pagarci, le abbiamo proposto di mettere un’ipoteca sulla casa”. Tocca alla sessantenne M.V., residente a Besana e titolare di un salone auto a Carate, difendersi dall’accusa di usura che le viene contestata assieme al figlio. La donna ha dato la sua versione dei fatti mercoledì al tribunale di Monza, dopo che i giudici avevano ascoltato la deposizione di un testimone.

A denunciare madre e figlio è stata una sessantenne caratese che, nelle due precedenti udienze, aveva già raccontato ai giudici la sua vicenda. Le sue traversie sarebbero cominciate quando aveva chiesto il primo prestito al defunto marito dell’attuale imputata, un meccanico di Carate. Due le somme sulle quali, secondo le accuse contestate dal pubblico ministero Luigi Salvadori, sarebbero stati applicati tassi usurari. La prima ancora in vecchie lire, un prestito di 5 milioni, lievitato in seguito a 20. Il secondo, invece, ammonterebbe a 18mila euro, per il quale ne sarebbero stati restituiti 32mila. «Ho avuto grandi problemi di salute, per questo mi sono ridotta a chiedere il denaro – aveva riferito la donna, costituitasi parte civile -. Sono arrivata a ipotecare la mia parte di casa, ho dato tutti i miei oggetti d’oro; la mia vita si era trasformata in un incubo, la malattia, le cambiali, la minaccia, solo ora ricomincio a vivere”.
Federico Berni