Monza, Meregalli scrive a Zaia«Ministro, tuteli il nostro vino»

Monza, Meregalli scrive a Zaia«Ministro, tuteli il nostro vino»

Monza – C’è vino e vino, ma non solo: c’è chi beve, perché è un fatto alimentare e culturale, e c’è chi si ubriaca. Se non si fanno distinzioni, se non si interpretano i numeri, la vittima è una sola: l’enologia italiana. Parola di Marcello Meregalli, del Gruppo Meregalli d Monza, forse il più importante distributore italiano di vini di alta gamma. Che ha preso carta e penna e ha scritto una lettera aperta al ministro dell’agricoltura, Luca Zaia.

L’obiettivo è il nuovo giro di vite sul tasso alcolemico. Meno di 0,5. Senza distinzioni. Il mattino o a mezzogiorno, in un pieno pomeriggio senza ragione e la sera, dopo cena, a stomaco pieno. La legge parla di numeri, dice, ma non di cultura e del possibile danno che ne potrebbe avere uno dei simboli dell’Italia nel mondo, il vino. «Un settore bellissimo – ha scritto – magari ancora un po’ arcaico, ma fatto ancora di rapporti veri, di qualità vera, di grandi personaggi come storici produttori, grandi chef e ristoratori, importanti e storici enotecari e molti bravi ed appassionati giornalisti. Un indotto in tutta la filiera di grande spessore umano con centinaia di migliaia di persone addette e di un giro d’affari enorme ma che sta soffrendo non tanto la crisi economica, ma una crisi di immagine data da informazioni errate e da falsi moralismi».

Perché -dice – un conto è bere per bere un grande vino. Un altro – non meno della droga – per ubriacarsi. «l primo distinguo è da fare verso chi di solito crea le stragi sulle strade: quasi sempre chi le compie, non solo è 4 o 5 volte al di sopra del limite, ma spesso anche sotto l’effetto di stupefacenti. Una cena fatta tra amici assaggiando una perla del made in Italy, cioè il vino, non può essere equiparata alla sbronza ricercata bevendo pasticci alcolici che nulla hanno a che vedere col nostro mondo. Non si è mai letto: sommelier ubriaco fa strage del sabato sera, ne tantomeno chef in preda all’alcol lanciato a 200 all’ora in città… chi ha cultura in tutti i campi ha anche rispetto».

E allora? Forse meglio, scrive Meregalli a Zaia, fare una vera campagna di sensibilizzazione che non criminalizzi l’alcol, ma che che sappia discernere «nettamente lavoro, passione, consumo corretto e vino inteso come alimento da alcol o inteso come stordimento senza gusto e cultura». E poi c’è un modello oltralpe, volendo, dove «Sarkozy ha abbassato l’Iva nella ristorazione per rilanciare il settore, anche in Italia se fosse possibile con le disastrate casse statali (disastrate non per colpa dei cittadini) abbassare l’Iva nella ristorazione e del vino nella vendita generale in quanto alimento base della dieta mediterranea».

Da dove partire per cambiare rotta? Secondo Meregalli, dall’educazione, nelle scuole superiori, dove si potrebbe parlare di cultura enogastronomica, dove probabilmente «molti ristoratori ed enotecari gratuitamente se coinvolti dalle scuole possano essere i docenti perfetti per preparare la nuova generazione a ritornare ad amare i prodotti delle tavole italiane. Tra cui il vino».
Massimiliano Rossin