L’Uomo e gli 8 disastri ambientaliNella classifica Usa c’è Seveso

L’Uomo e gli 8 disastri ambientaliNella classifica Usa c’è Seveso

Seveso – La guerra. Bhopal. Cernobyl. E poi Seveso. C’è anche l’Italia, e la Brianza, nella triste classifica degli otto maggiori disastri ambientali creati dall’uomo stilata dal noto sito ecologista americano treehugger e resa nota in questo inizio 2010. L’incidente al reattore dell’Icmesa del 10 luglio del 1976 si è “guadagnato”, si fa per dire, il quarto posto.

La motivazione – Questa la motivazione data dai curatori del sito: «Circa 37.000 persone furono esposte ai livelli più alti mai registrati di diossina. La zona circostante venne quasi completamente attraversata da una serie di sostanze ritenute tossiche e cancerogene, anche in micro-dosi. Oltre 600 persone vennero obbligate ad evacuare e altre diverse migliaia subirono l’avvelenamento da diossina, evidenziando soprattutto gravi casi di cloracne. Più di 80.000 animali furono macellati per evitare che le tossine potessero entrare nella catena alimentare. L’incidente è ancora in fase di studio e i dati sulle esposizioni della diossina non sono ancora perfettamente decifrabili. Oggi il nome di Seveso è usato di routine nel settore europeo della chimica: è una legge di tutela preventiva. Tutte le strutture che maneggiano e lavorano quantitativi di materiali pericolosi sono costretti ad informare le autorità e a sviluppare e pubblicizzare le misure per prevenire e rispondere a gravi incidenti».

Gli altri casi – A precedere l’incubo tcdd, che ancor oggi agita le notti dei brianzoli per i dati, come ricordato anche dagli americani, allarmanti che emergono anche a trent’anni di distanza, sono la guerra, l’incidente del 3 dicembre del 1984 a Bophal, in India, dove una fuga di gas dalla Union Cardibe, una fabbrica che si trovava nella contea di Mavda Pradesh, causò oltre 4mila morti e più di 50mila contaminati che dovettero poi fare i conti, negli anni seguenti, con malarttie come la cecità, l’insufficienza renale e malesseri permanenti. Patologie che causarono altri 20mila morti. Dopo Seveso, un altro triste nome: quello della Exxon Valdez, la petroliera che riversò nel mar dell’Alaska oltre 40 milioni di litri di petrolio. Un danno ambientali di proporzioni bibliche senza soluzione di continuità: ancor oggi si ritiene che 26mila litri di greggio siano depositati sui fondali ambientali. Al sesto posto ecco Loce Canal: concepita come una fonte di energia idroelettrica, la struttura divenne presto una discarica di rifiuti chimici e tossici. La zona, nel corso degli anni Sessanta, si sviluppò, diventando una città. Intanto i liquidi tossici nel sottosuolo arrivarono ad inquinare il fiume Niagara. Penultimo posto, il settimo, per la Great Pacific Garbage Patch, un vortice marino che staziona nel Pacifico, a sud del Giappone, e capace di attirare rifiuti e spazzatura, soprattutto di plastica. A chiudere la classifica è la Mississippi Dead Zone: la foce del grande fiume americano è stata giudicata, da esperti e scienziati, la più inquinata al mondo. Una vera e propria zona morta.
Davide Perego