Marocchini accusati di terrorismoA Monza si è aperto il processo

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Monza – Associazione a delinquere finalizzata al terrorismo internazionale, con collegamenti a organizzazioni quali Al Qaida o il Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento. Si è aperto venerdì mattina al tribunale di Monza, tra misure di sicurezza eccezionali, il processo a Rachid Ilhami e Abdelkader Ghafir, 32 e 43 anni, marocchini in regola “trapiantati” a Giussano, accusati di aver cercato di creare una cellula terroristica di matrice fondamentalista islamica con lo scopo di portare a termine attentati terroristici in Brianza, a partire dalla caserma dei carabinieri di Giussano. Il palazzo di giusitizia era blindato, reparti di polizia, carabinieri, strade chiuse, unità degli artificieri e cinofile, i cani addestrati per individuare esplosivi.

I due imputati
– Presenti i due imputati, Rachid Ilhami più nervoso, con la testa coperta da un foulard e dalla “takia”, copricapo tipicamente usato dai musulmani. Si aggirava per la cella dell’aula, facendo scattare gli occhi ora verso l’avvocato, ora verso i giudici popolari e quelli togati (il processo si celebra davanti alla Corte d’Assise di Monza presieduta dal giudice Italo Ghitti, con Alessandro Rossato giudice a latere). Da parte sua, subito una reazione nervosa alla vista di telecamere e fotografi. «Ci vanno di mezzo le nostre famiglie», ha protestato prima dell’intervento del presidente della Corte Italo Ghitti. Più calmo, l’aria apparentemente smarrita, il connazionale Ghafir, che prima di essere arrestato poco più di un anno fa assieme a Rachid con le accuse di concorso esterno ad Al Qaida faceva l’operaio nei cantieri della Lombardia. Assieme a loro, sono a processo anche Kalifa Moukafir e Adil Zaitouni, accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina e falsificazione di documenti, reati che secondo le accuse sono comunque finalizzati ad agevolare l’associazione a delinquere.

Gli avvocati difensori
– L’udienza di ieri è servita alle difese per avanzare le eccezioni preliminari, fondamentalmente rivolte contro il capo di imputazione, ritenuto troppo generico. «Non è chiaro di cosa siano accusati i nostri assistiti, si fa riferimento a organizzazioni terroristiche quali Al Qaida il Gruppo Salafita ma, senza voler negare l’esistenza del terrorismo islamico, non è nemmeno provato che cosa sia Al Qaida», ha detto l’avvocato Sandro Clementi, difensore di Ilhami. Conclusione che coincide sostanzialmente con quella dell’avvocato Barbara Manara, che assiste Ghafir. Questioni comunque respinte dalla Corte d’Assise, che ha ammesso la costituzione di parte civile dell’Avvocatura dello Stato in rappresentanza della presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Interni, rappresentati dall’avvocato Maria Camilla Bove.

Prossima udienza nell’aula bunker
– A quel punto non è rimasto altro da fare che fissare il calendario del processo, aggiornato a martedì prossimo nella sede dell’aula bunker di via Ucelli di Nemi a Milano.
Federico Berni