Vimercate, trattativa Bames-SemUltimo appello per un accordo

Vimercate – Due ore di sciopero, suddivise tra martedì e giovedì, per protestare contro gli scenari disegnati da Bames-Sem per i lavoratori del sito ex Celestica negli incontri di lunedì in Assolombarda e mercoledì in agenzia regionale. L’incontro è aggiornato al 23 febbraio, «e lì si uscirà dalla trattativa in un modo o nell’altro, che sia intesa oppure no» ha detto Gigi Redaelli , segretario generale Fim Cisl Brianza. Se a preoccupare i sindacati e i dipendenti continua a essere la salita di una reindustrializzazione ancora di là da venire, resa più scivolosa dalla crisi dell’ultimo anno, l’attenzione ora però è puntata sull’immediato, visto che ci sia avvia alla quarta procedura di cassa integrazione straordinaria in tre anni, senza soluzione di continuità con quella che andrà a esaurirsi il 22 febbraio.

Sul tavolo stanno da una parte l’esubero strutturale di 300 lavoratori sulla totalità di 650, a partire da fine marzo, quando si esauriranno del tutto le commesse di Telit, partner commerciale di Bames, e dall’altra la decisione dell’azienda di procedere con la mobilità, tramite prepensionamento, per cento persone, e con l’apertura di un altro anno di cassa straordinaria per gli altri duecento, rinnovabile nel 2011. Nel frattempo l’attivazione di progetti innovativi, come wi-max e spin, dovrebbero consentire il graduale reintegro di tutte le unità in reparto.

«Puntiamo anche noi a raggiungere un accordo sulla cassa integrazione, perché in questo momento è indispensabile garantire questo ammortizzatore sociale, poi si potrà discutere di piani industriali e di una strategia che porti altri soggetti in questo sito. Ma le condizioni poste dall’azienda per la gestione di questa cassa sono inaccettabili perché c’è un grande problema di reddito dei lavoratori», ha detto Redaelli riferendosi alla proposta emersa mercoledì. Cento uscite in mobilità tramite prepensionamenti; poi la cassa, senza rotazione, con un centinaio di persone che lavoreranno un mese e saranno a casa a zero ore per gli altri undici e un altro centinaio che lavorerà due mesi e starà lontano dal reparto per gli altri dieci.

«È un’ipotesi che non sta in piedi –ha aggiunto il segretario- Abbiamo detto e ribadito all’azienda che così non va bene. Intendiamo giungere a un’intesa che non può però pesare come un capestro, ponendo una grave questione di reddito per i lavoratori coinvolti dalla procedura. C’è poi il tema, altrettanto importante, su chi sarebbero le persone che dovrebbero andare in cassa e in base a quale criterio. Perché il rischio è che, come già accaduto, l’azienda penalizzi i lavoratori portatori di disabilità e gli inserimenti obbligatori».
Anna Prada