Scambiato per ladro e picchiato:manager chiede danni a Muntari

Monza – Devono essere stati minuti di eccessiva ‘foga’, simili a quelli in trasferta a Catania il 13 marzo, costati espulsione, rigore contro, e sconfitta. In questo caso, però, a fare le spese della stazza fisica di Sulley Alì Muntari, 25 anni, robusto centrocampista dell’Inter, è stato un 30enne di Budapest, manager con una brillante carriera in Pirelli, che dell’Inter, peraltro, è sponsor ufficiale da anni. Più che con quella sportiva, il ghanese Muntari dovrà vedersela ora con la giustizia ordinaria, visto che P.S., questo il nome del dirigente Pirelli, ha deciso di fargli causa per ottenere il risarcimento dei danni, lamentando di aver subito un duro pestaggio.

A conferma del racconto dell’ungherese, si è già pronunciato in maniera netta il giudice Pierangela Renda, della seconda sezione penale, che la scorsa estate aveva disposto la trasmissione degli atti in procura a carico del giocatore africano, per indagare sulle lesioni riportate dal manager. I fatti sono del primo giugno, quando, dopo una cena di lavoro, il 30enne stava rientrando in albergo. Tra le auto parcheggiate, aveva notato la fiammante Dodge Challenger di Muntari. Questo, dalla finestra di casa sua, avevano notato l’uomo che, secondo quanto aveva riferito alla polizia, “stava impugnando la maniglia della portiera”.

L’atleta si era precipitato in strada per avventarsi contro quello che aveva scambiato per un ladro. C’era anche un vaso di terracotta infranto vicino alla macchina, che secondo il ghanese era stato usato per tentare di rompere il finestrino. In albergo, il manager Pirelli non ci è più rientrato, risvegliandosi invece nei locali della Questura. Arrestato con l’accusa di rapina impropria, perché avrebbe spinto il calciatore nel tentativo di guadagnarsi la fuga, con un trauma cranico guaribile in dieci giorni, ma soprattutto con evidenti lividi sulla schiena, non segnalati nel referto del pronto soccorso, ma documentati dalle foto scattate dai suoi difensori, gli avvocati Giuseppe e Andrea Scappatura, di Monza.

Al processo per direttissima l’ungherese, davanti al giudice, aveva ammesso di non ricordare nulla dell’accaduto, in quanto a cena aveva alzato il gomito, ma trovava davvero “incomprensibile” l’accusa che gli veniva rivolta. Si trovava in Italia per questioni di lavoro, e si sarebbe dovuto trattenere per due giorni, anche perché in quel periodo sarebbe dovuta nascere la sua prima bimba. Fondamentale la testimonianza di un uomo, una guardia giurata di passaggio, che aveva visto il manager a terra e “un uomo di colore” sopra di lui, che aveva invitato a “calmarsi” in attesa della polizia. L’auto, poi, non aveva un graffio. Nella pronuncia, il magistrato ha sottolineato la veemenza della reazione di Muntari, “smodata e sproporzionata”, considerata anche “la sua prestanza fisica, essendo notoriamente un calciatore dell’Inter”. Gli ematomi sulla schiena dell’ungherese sono stati definiti “allarmanti”, e provocati “non a mani libere”, ma, per la loro forma e colore, “avvalendosi di un oggetto rigido”.
Federico Berni