Eugenio Corti:parla Bertazzini

Eugenio Corti:parla Bertazzini

Monza – Classe 1921, Pier Franco Bertazzini, insegnante, preside ed ex sindaco di Monza, condivide con Eugenio Corti oltre l’anno di nascita, l’esperienza del militare e la passione per la letteratura. La loro amicizia è nata nel dopoguerra,grazie ad un periodo di richiamo in caserma.

Professore come è andata?
“Già conoscevo Corti e avevo avuto modo di leggere quanto aveva già scritto,ma nel 1954, la nostra amicizia si è consolidata. Eravamo entrambi ufficiali di artiglieria in congedo, avevamo lasciato la guerra con il grado di sottotenente ed eravamo stati promossi insieme al grado di tenente. Nel 1954 ci arrivò la lettera di richiamo:dovevamo trascorrere un periodo di addestramento in una caserma di Milano. Mi ricordo che tutte le mattine da Besana Brianza, Corti arrivava con la sua Topolino scassata a Monza, veniva a prendermi a casa e andavamo insieme a Milano”.

Tra Monza e Milano di cosa parlavate?

“Un po’ di tutto,ma posso dire di essere stato tra i primi a venire a conoscenza del suo progetto di scrivere la grande epopea de“Il cavallo rosso””.

Quali altri ricordi la legano a Eugenio Corti?
“Ho seguito tutto il suo percorso letterario. Ricordo le difficoltà di trovare un editore che lo pubblicasse, soprattutto per la mole dell’opera e i costi di stampa. Finché un piccolo editore ebbe fiuto. Non so più dire quante edizioni siano state pubblicate fino ad oggi e in quante lingue”.

Lei è stato docente di lettere e preside. Ha mai consigliato la lettura dell’opera di Corti?

“Come no. Ho più che caldeggiato la lettura de “Il cavallo rosso” per l’intima convinzione che sia un romanzo degno d’attenzione. Così come “Processo e morte di Stalin”, una tragedia che merita di essere letta più che rappresentata come le tragedie manzoniane. Un’opera che ,indubbiamente, gli ha inimicato l’intellighenzia di sinistra in Italia anche se la stessa Dc non è stata tenera con Corti”.

Come vede la possibilità che venga attribuito il Nobel a Corti?

“Da professore di lettere so bene gli italiani che hanno ricevuto il premio a partire da Carducci che certamente lo meritava. Se penso però all’ultimo (Dario Fo, ndr),mi viene da dire che lo possono vincere tutti”.

Il suo giudizio sull’opera letteraria di Corti?
“Fino a che sono stato eletto sindaco, credo di poter dire di aver letto tutti i romanzi che sono usciti in Italia. Dopo l’elezione il tempo è venuto a mancare e ne ho perso qualcuno. Per quel che è la mia conoscenza credo che Corti sia un autore di grande levatura, sia per lindore stilistico che per contenuti. Il mio giudizio è certamente viziato dal fatto che la penso come lui e che condividiamo gli stessi valori”.

Quali?
“Un giornalista ai tempi della mia elezione mi aveva bollato come uno tutto “Dio ,Patria e famiglia”. Insomma un retrogrado. Ebbene, io e Corti siamo due retrogradi. Credevamo e crediamo ancora fermamente in questi valori che si ritrovano nei suoi scritti. Ricordo per esempio “Il fumo nel tempio”, un testo in cui senza timore dice quello che pensa, si mostra un cattolico intransigente che non cede ai compromessi. In fondo non dimentichiamo che Corti ha sempre preso posizioni nette: contro il divorzio e contro l’aborto, senza concessioni a nessuno”.
Rosella Redaelli