I grandi del ciclismo per Magni Leone delle Fiandre in mostra

I grandi del ciclismo per Magni
Leone delle Fiandre in mostra

Lissone – Fiorenzo Magni è stato un grande protagonista del ciclismo italiano, un atleta capace di grandi imprese sportive proprio negli anni nei quali l’Italia intera si schierava e tifava per Coppi o per Bartali. Lui correva e vinceva quasi quanto loro, per questo è stato coniato l’appellativo con il quale è rimasto famoso, “il terzo uomo”. Oltre all’incancellabile soprannome di “Leone delle Fiandre”. La città di Lissone festeggia i 90 anni del popolare Fiorenzo con una mostra curata da Silvano Lissoni allestita a Palazzo Terragni. Il taglio del nastro è previsto domani, domenica, alle 10 e la rassegna con fotografie di proprietà dello stesso Magni resterà aperta, con ingresso libero, sino al prossimo 4 luglio. 

Un evento che si intreccia con le vicende dello Sport Club Mobili Lissone, presieduto da Romano Erba, fondato nel gennaio 1946 da un gruppo di appassionati di ciclismo che scelsero come sede la trattoria Como in via Don Minzoni ed i colori bianco-blu da mettere sulle magliette nel rispetto di una tradizione cittadina consolidata da decenni. Oggi quella stessa società, più viva e operante come mai, senza nessuna enfasi vuole ricordare il suo modo di essere, non solo in ambito sociale e sportivo, invitando un vero fuoriclasse dello sport del pedale meno dotato, forse, di Bartali e Coppi ma coraggioso, generoso, tenace. E vincente: tre Giri delle Fiandre consecutivi, dal 1949 al 1951 (di qui, il soprannome di “leone”) e tre Giri d’Italia, l’ultimo, quello del ‘55, vinto a 35 anni suonati! Gli mancò il Tour de France, che avrebbe potuto vincere nel ‘50. 

Ma pur essendo in maglia gialla fu costretto a ritirarsi su pressione di Gino Bartali, che fece abbandonare la corsa a tutti gli azzurri, per protestare contro gli spintoni con i quali i francesi accoglievano sulle strade i corridori italiani, che a Parigi avevano trionfato l’anno prima con Coppi e nel ‘48 (con lo stesso Bartali, in quella vittoria che, secondo la leggenda, evitò all’Italia, scossa dall’attentato a Palmiro Togliatti, la guerra civile). Magni si piegò alle decisioni della squadra. Nel ‘56, ultimo anno d’attività, riuscì a compiere quella che forse è la sua più grande impresa: al Giro d’Italia, nonostante una clavicola e un omero fratturati, si piazzò – pregando e stringendo i denti – al secondo posto, alle spalle di Charly Gaul, uno dei migliori scalatori di sempre.
Franco Cantù