La terribile esperienza in Russia:28 giorni nel gelo e sotto attacco

La terribile esperienza in Russia:28 giorni nel gelo e sotto attacco

Monza – La chiamata alle armi nel febbraio 1941 costringe Eugenio Corti ad interrompere bruscamente gli studi. Dopo un primo addestramento di sei mesi alla caserma del 21° reggimento artiglieria a Piacenza, ne seguiranno altri sei alla Scuola allievi ufficiali di Moncalieri, dove diventa sottonente. Nel frattempo inoltra la richiesta di essere destinato al fronte russo (“Volevo assolutamente conoscere la realtà del comunismo”): come il personaggio di Michele ne Il cavallo rosso, riesce ad entrare nei primi dieci della graduatoria alla Scuola ufficiali, maturando così il diritto di scegliere il reparto a cui essere assegnato. Così Corti parte per la Russia col grado di sottotenente. “ Ho raggiunto il fronte agli inizi del giugno 1942. Per un mese il fronte non si è mosso, poi c’è stata la nostra grande avanzata dal Donetz al Don, cui hanno fatto seguito diversi mesi di stasi. Il 16 dicembre ha avuto inizio l’offensiva russa sul Don e il 19 la nostra ritirata: quella sera stessa il mio corpo d’armata si è trovato chiuso in una sacca. Ci era arrivato l’ordine di lasciare il Don senza che fosse stato distribuito il carburante per gli automezzi; abbiamo, perciò, dovuto abbandonare tutto il materiale, senza poter salvare un solo cannone, né le tende e neppure i viveri”. Questi sono i giorni più drammatici della vita di Corti: i ventotto giorni della ritirata, magistralmente narrati ne I più non ritornano e ne Il cavallo rosso. Solo la sera del 16 gennaio pochi superstiti riescono ad uscire dall’accerchiamento russo. Corti, caricato su un treno-ospedale, colpito da forti attacchi febbrili e con fortissimi dolori alle articolazioni causati dal gelo, trascorre una settimana nell’ospedale di transito di Leopol, in Polonia; arrivato in Italia passa tre settimane di degenza all’ospedale “Emma” di Merano a curarsi, per poi tornare a casa in licenza. “Nelle prime settimane dopo il rientro, certe notti cadevo in preda ad incubi; credevo di essere ancora nella sacca. Vaneggiavo al punto che mia madre è venuta a dormire per qualche tempo nella mia stanza”. Il 26 luglio 1943 rifiuta la licenza che i medici dell’ospedale di Baggio volevano accordargli per le condizioni di salute e rientra in caserma a Bolzano. Da qui viene poi trasferito a Nettunia, nei pressi di Roma.

Nota bene: le citazioni tra virgolette sono tratte dalle pagine 21 e 23 dell’intervista-biografia di Corti realizzata da Paola Scaglione: Parole scolpite. I giorni e l’opera di Eugenio Corti, Edizioni Ares, Milano 2002.