Monza, omicidio MonguzziCassazione: il fratello resta libero

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Monza – Delitto Monguzzi, inchiesta da rifare. La Corte di Cassazione ha infatti bocciato il ricorso presentato dalla procura di Monza contro la pronuncia con la quale il Tribunale della Libertà di Milano, a giugno, aveva respinto la richiesta di arresto nei confronti di Emilio Monguzzi, fratello di Elvira, la donna di 79 anni trovata morta nella sua abitazione di via Spalto Piodo l’estate del 2009. Il pubblico ministero Vincenzo Nicolini aveva interpellato il Tribunale del Riesame dopo che il gip gli aveva negato l’arresto dell’uomo. Monguzzi resta dunque in libertà. A giugno, il Tribunale della Libertà aveva di fatto sconfessato l’operato degli inquirenti monzesi. Per quanto riguarda le macchie di sangue trovate sui pantaloni dell’indagato, i giudici milanesi avevano infatti dato ragione ai consulenti della difesa, per i quali non si tratta di macchie da spruzzo, come potrebbero essere quelle depositate sui vestiti dell’assassino al momento dell’aggressione, ma di macchie che si sono formate quando l’uomo, giunto nell’appartamento della sorella, si era avvicinato a lei per accertarsi di quello che era successo. Non solo: secondo il Riesame sarebbe stata sottovalutata la pista che portava a una donna brasiliana che era passata nella zona più o meno nell’ora in cui si era verificato l’omicidio. La donna, sentita dagli investigatori, aveva cambiato diverse volte versione sul suo alibi per l’occasione. Nonostante questo, aveva ricordato il Tribunale della Libertà, si è privilegiata la pista che portava al fratello della vittima. Il pubblico ministero Nicolini aveva presentato una prima richiesta di applicazione di custodia cautelare in carcere ai primi mesi di quest’anno, forte della consulenza effettuata dai carabinieri del Ris che concludeva per la tesi delle macchie da spruzzo. Secondo le accuse, Emilio Monguzzi avrebbe colpito la sorella per ben due volte in testa con un oggetto preso da casa (forse il peso mancante di una vecchia bilancia), provocando due ferite che avrebbero fatto schizzare il sangue. Poi l’avrebbe soffocata, visto che le ferite non erano mortali e l’autopsia ha chiarito che la morte era avvenuta per soffocamento. Il gip aveva però respinto l’istanza del pm, alla quale peraltro si opponeva la consulenza di parte presentata dagli avvocati Anna Casiraghi e Cristiano Viale, che contrastavano con le conclusioni del Ris. Il pubblico ministero si era però rifatto avanti qualche tempo dopo, integrando la prima richiesta con un supplemento di indagini, costituito essenzialmente da una nuova perizia affidata ad un ex ufficiale del Ris di Reggio Emilia, Pasquale Linarello, specializzato nello studio della morfologia delle tracce di sangue. La Cassazione ha sostanzialemente confermato la decisione del Riesame, e quindi la libertà per il pensionato di San Biagio.