Carate, migranti: non problemama un’occasione per crescere

Carate, migranti: non problemama un’occasione per crescere

Carate – Accusati di rubare il lavoro alla gente del posto e di esportare la criminalità. Tacciati di essere assassini e terroristi. Indicati come luridi, miserabili, feccia sociale. Umiliati. Costretti a vivere in tuguri dalle condizioni igieniche rivoltanti. Erano gli italiani della grande emigrazione di fine Ottocento. Gli occhi di quegli italiani sono gli stessi degli immigrati che oggi arrivano in Italia: mostrano le stesse speranze, le stesse paure, gli stessi sogni, le stesse angosce. “Mondo migrante: storie di lavoro, lotte e nuovi bisogni” è stato il titolo del dibattito pubblico organizzato l’altra sera in municipio dalla Federazione della sinistra Carate – Alta Brianza. Una tavola rotonda con Marcello Gentile di Prc Monza e Brianza, Aldo Giannuli, ricercatore di Storia contemporanea all’Università degli studi di Milano, Saidou Moussa Ba, scrittore e mediatore interculturale membro del Comitato immigrati organizzati Milano, e Marcelo Galati, l’italo argentino leader del gruppo di extracomunitari che sulla torre di via Imbonati a Milano protestarono per quaranta giorni contro la mancata concessione del permesso di soggiorno attraverso la sanatoria per colf e badanti.
 Al loro fianco Stefano Forleo, il segretario cittadino di Rifondazione comunista: «Il Paese – così al pubblico numeroso come mai, composto per la maggior parte da giovani- sta riducendo la tematica migrante a una problematica o una bomba a orologeria. Per noi, invece, è occasione di dibattito». Calorosi applausi di solidarietà a Galati, che ha raccontato la sua esperienza sulla torre di via Imbonati e ha commentato: «Chi ascolta i politici italiani che dicono che gli emigrati sono il pericolo numero uno, sono le prime vittime del sistema. Cambiare il Paese deve essere l’interesse di tutti, non solo di noi stranieri. Salire sulla torre è stata una mossa pianificata, una protesta mediatica, una lotta per una vita migliore: ci indigna essere gli schiavi del Duemila». Dalla torre di Milano alla recente protesta dei sei operai clandestini saliti sulla gru di Brescia per ottenere il permesso di soggiorno. Uomini pronti a tutto «perché tanto non abbiamo niente da perdere: abbiamo già perso tutto», come hanno spiegato ai microfoni delle tv accorse a filmarli. Uomini disperati come gli immigrati di Rosarno, pagati venti euro al giorno per la raccolta stagionale delle arance, che proprio un anno fa misero a ferro e fuoco il paese. «La regolarizzazione degli immigrati è una questione di diritti – così Giannuli – e non di carità. Costruire una politica per l’emigrazione significa liberarsi dai luoghi comuni».«Gli immigrati – così Forleo – chiedono un lavoro regolare e giustizia: una richiesta di legalità che purtroppo si scontra con l’illegalità tanto diffusa nel nostro Paese».
Alessandra Botto Rossa