Monza: bancarotte, per i pm200 fascicoli nuovi ogni anno

L'anno scorso ne sono stati aperti 200, 36 in più rispetto al 2009. Un dato che risente della crisi economica anche se il trend è ormai costante negli ultimi quattro anni: quasi duecento indagini nuove ogni dodici mesi.
Monza: bancarotte, per i pm200 fascicoli nuovi ogni anno

Monza – Duecento fascicoli iscritti per bancarotta nel 2010. Un dato in netto aumento rispetto all’anno precedente (164) ma più o meno in linea con una tendenza che, guardando gli ultimi anni di lavoro della Procura, sembra ormai consolidata. I crack delle aziende brianzole (ma anche di quelle dell’hinterland milanese che rientrano nel territorio di competenza degli uffici giudiziari monzesi) non sono molto lontanti dai 200 all’anno. Molti se confrontati con quanto emerge dalle statistiche di altre Procure equivalenti a quella che ha sede in piazza Garibaldi a Monza. Anche se poi, contando che in Brianza ci sono ben oltre 60mila società, la consistenza dei numeri sembra un po’ ridimensionata. Di certo, però, negli ultimi tempi, alcune delle indagini che sono state portate avanti dai pm che si occupano di criminalità economica (in Procura è stata creata un’area specializzata per queste inchieste) hanno messo in evidenza qualche elemento preoccupante, circostanze sulle quali vale la pena spendere più di una riflessione.

La lettura del dato più recente, 200 bancarotte l’anno scorso, non può dimenticare, naturalmente, la gravità della crisi che, dal creck Lehman in poi, ha sconvolto l’economia mondiale e in particolare quella dei Paesi occidentali. Quesi fascicoli ne sono una conseguenza diretta. Ma è anche vero che la crisi ha fornito a qualche furbone l’occasione per cercare di riempirsi le tasche considerando le imprese non tanto attività alle quali dare nuovo impulso, ma società da spolpare cercando di ricavarci quanto più possibile in termini di disponibilità economica o di immobili da far fruttare. L’attenzione della Procura da questo punto di vista ha conosciuto un innalzamento che viene confermato dai numeri. Le statistiche parlano di 5 procedimenti nel 2006 per violazioni della legge fallimentare: l’anno successivo erano diventati 192 dando il via a un trend che rimane ancora oggi.

I dati comprendono sia le bancarotte semplici, quelle dovute alla negligenza dell’imprenditore che sperpera le risorse dell’azienda e non chiede il fallimento anche quando risulta già insolvente, sia le bancarotte fraudolente, quando le società vengono spogliate in parte o in tutto dei loro beni, messi al sicuro da qualche parte, lontano dagli occhi indiscreti della giustizia e dei creditori che sono in attesa di ottenere i loro pagamenti. A volte i soldi prendono la via dell’estero: è successo nel crack Bburago, ma anche in quelli più recenti della Distrel di Bellusco, dove il danaro è finito anche su conti austriaci, e della Algol, caso in cui la destinazione è stata l’Inghilterra.

I pm d’altra parte, collaborando in modo stretto con i giudici del Tribunale civile che si occupano proprio di fallimenti, hanno allargato il loro campo d’azione anche alle istanze di fallimento, presentate dalla Procura, secondo un’opportunità prevista dalle norme vigenti, quando si verifica la sostanziale insolvenza di una società. Un lavoro che ha inciso anche su quello dei magistrati civili: nel 2009, ad esempio sono arrivate 393 istanze di fallimento, 56 delle quali in arrivo dai pubblici ministeri. Una quota, almeno in questa occasione, del 25 per cento circa.
Paolo Rossetti

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