Stalin? Personaggio tragicoParola di Franco Branciaroli

''E' un personaggio gigantesco, che nel commettere crimini orrendi ha seguito i propri ideali, fino in fondo". Così Franco Branciaroli descrive il personaggio di Stalin, di cui rivestirà i panni in "Processo e morte di Stalin" di Eugenio Corti. In scena a Monza.
Stalin? Personaggio tragicoParola di Franco Branciaroli

Monza – Venerdì, sabato e domenica, alle 21, al teatro Manzoni di Monza, andrà in scena, per la produzione del Teatro degli Incamminati, e la regia di Andrea Carabelli ”Processo e morte di Stalin”, tragedia scritta da Eugenio Corti. Sul palco una decina di attori professionisti e una ventina di giovani studenti del Liceo Don Gnocchi di Carate Brianza. Protagonista, nei panni del crudelle dittatore, Franco Branciaroli. Ecco l’intervista.

Non ha bisogno di presentazioni speciali. Il 64enne milanese Franco Branciaroli è considerato da molti il numero uno del teatro italiano. Già riconosciuto talento appena uscito dalla civica scuola del Piccolo Teatro di Milano, ora vanta un curriculum lunghissimo e brillante, dal debutto, nell’estate del 1970, con La battaglia di Lobowitz di Peter Hacks, regia di Guy Rétoré, all’originale Edipo re di Sofocle, con la regia di Antonio Calenda. Nel mezzo una carriera quarantennale a fianco di personaggi che hanno fatto il teatro e il cinema italiano: da Carmelo Bene a Luca Ronconi, da Luigi Squarzina a Michelangelo Antonioni, da Gabriele Lavia ad Antonio Calenda. Per lui sempre ruoli di primo piano. Ed anche ora lo troviamo come protagonista nei panni del grande dittatore russo, Stalin, nella tragedia scritta da Eugenio Corti.

Conosceva Eugenio Corti e i suoi scritti?

“No, non lo conoscevo. Mi ha presentato i suoi scritti il giovane regista Andrea Carabelli.”

Perché ha accettato il ruolo di protagonista in questa tragedia?

“Stalin è un personaggio gigantesco e il modo in cui lo presenta Corti ha un fascino enorme, di grande resa teatrale, è una sorta di Riccardo III. Un uomo che subordina l’assassinio a un ideale più alto. Vive la sofferenza assurda di dover uccidere per un ideale. Il rischio per un attore, nell’interpretare un personaggio famoso, è quello di cadere nella semplice biografia. Questo non è il caso. Qui c’è vera drammaturgia. Stalin non è per me un sadico, il “genio del male” come molti lo considerano. E’ stato posto dalla storia ad occupare un ruolo difficilmente immaginabile per un uomo comune. Ha commesso molti crimini, ma penso che lui credesse di operare per l’ideale. Anche un Mao Tze Tung ne ha fatte di tutti i colori, ma per lui c’è più comprensione. E’ responsabile della eliminazione fisica di milioni di persone, e noi, in Occidente, abbiamo visto solo questo. Eppure nella Russia ha eliminato la fame, credo che gran parte dei russi di oggi lo venera.”

Premesso che nessuna tragedia può essere considerata “inattuale”, tuttavia qualcuno potrebbe storcere il naso sul fatto che si vada a parlare di comunismo, quello russo, un fatto che la storia si è lasciato alle spalle…
“Inattuale l’argomento? Per niente. Il testo finisce con delle profezie o meglio con un aut aut profetico:o il comunismo sparisce completamente dalla faccia della terra, oppure, se deve esistere, deve tornare nelle modalità scelte da Stalin”.

E il ritorno, almeno in Occidente, del comunismo, non le pare un’ipotesi azzardata?
“Nessuno può dire che il comunismo scomparirà del tutto. Proviamo a immaginare che cosa potrebbe accadere al ricco e opulento Occidente se capitasse una crisi come quella del ’29 in America. Crolla il capitalismo, arriva la miseria. Abbiamo un solo modo di difenderci: dare forza allo stato, lo stato diventa conduttore della vita sociale. E le soluzioni forti sono due: o Baffone (Stalin) o Baffetti (Hitler). Ma l’Occidente propende per la società socialista. E poi la Russia: oggi ha un ruolo di comprimaria, ma in caso di crisi, di miseria, torna in prima fila tra le grandi potenze, perché ha le bombe atomiche. Ma se torna il socialismo, evidenzia Corti nel suo Stalin, dovrà seguire le modalità seguite da Stalin: in primo luogo con la repressione degli oppositori.”.

L’Occidente oggi, allora, non è posto…

“Credo che non si sia ancora risolto quello che Marx individuava come ‘alienazione del lavoro’. Oggi la maggior parte della gente fa un lavoro che non le piace; lo sfruttamento è reale.Ora, la baracca sta in piedi perché sono assicurati cibo e divertimento, ovvero finchè la gente ha la pancia piena il mostro dorme. Ma se arriva la miseria voglio vedere che cosa succede. Qualche avvisaglia l’abbiamo avuta anche in queste ultime tornate elettorali. Milano ad esempio. Alcune frange di popolazione, che toccano con mano la crisi, cominciano a vedere nel signorotto che gira con il macchinone un ‘nemico di classe’. Torna l’istinto della lotta…

Quindi il comunismo potrebbe tornare.
“E Corti dice: se torna, chi comanda agirà come Stalin. Il leninismo, quello incarnato da Baffone, faceva questa considerazione: l’uomo può trasformare la materia, ma l’uomo non si trasforma. Allora, se ci sono oppositori li elimino. Infatti, l’individuo non conta nulla, è il partito che conta. Nel ‘Processo’ di Corti, gli oppositori di Stalin si trovano in grande difficoltà, perché questi dimostra di aver agito in modo ferreo seguendo i principi di Lenin.”

Un ultima domanda: perché ha accettato di lavorare con ragzzi, giovani non professionisti?
“Beh, ci sono professionisti che sembrano ragazzi…”
Antonello Sanvito