Lo sguardo al futurodi Micol Martinez

Micol Martinez è tornata. Dopo Copenhagen (e due anni di live), ha pubblicato il nuovo album "La testa dentro", che vive il presente e racconta il futuro. Anteprima mercoledì 8 febbraio al Biko di Milano, presentazione ufficiale alla Fnac sabato 11.
Lo sguardo al futurodi Micol Martinez

Chitarra e batteria per cominciare. Semplice, un ritmo sincopato e un titolo un po’ strano, almeno quanto il piatto scozzese a cui fa riferimento. “Haggis” apre “La testa dentro”, il nuovo disco di Micol Martinez – il secondo – due anni dopo l’esordio stra-acclamato di Copenhagen. Haggis, come quello strano insaccato di interiora di pecora (molto buono, in verità) usato per raccontare quell’abitudine a guardarsi dentro, a pensare a sé, ad autoalimentarsi. Invece di guardarsi intorno, di guardare (anche) gli altri. Di pensare al presente e di guardare al futuro. Un secondo lavoro diverso, proprio come aveva detto.
«Sì è venuto fuori quello che volevo – racconta Micol Martinez – ed è differente da Copenhagen. La poetica di base e la scrittura non sono cambiate, anche se si percepisce un’apertura. Anzi credo di essermi aperta molto a livello di scrittura, dando sfogo a tutte le possibili emozioni. C’è stato un lavoro diverso sulla produzione artistica, curata da Luca Recchia: il mio lavoro ha preso una direzione diversa, si è avvicinato al mondo musicale che sento un po’ più mio».

Un album che vuole parlare direttamente a chi ascolta. «Non è stata fatta una produzione così ricca e complessa come nel primo lavoro, piuttosto è stata mantenuta la struttura dei brani così come erano nati. Luca ha rispettato gli accordi in una coincidenza di gusti che porta all’essenza dei brani».

Nove tracce e un singolo “60 secondi” che fa da apripista con un’altra chitarra – un po’ più rock – che la stessa autrice «vorrebbe sentire in auto. So bene dove sto andando, so bene e prendo quel che voglio». Nel viaggio si sente di tutto: un inno alla quiete nato nella notte stellata di un ottobre a Milano impreziosito da un video-omaggio a Federico Fellini e alle Notti di Cabiria (Questa notte), la voglia di giocare con una fiaba noir (L’alveare), Un movimento continuo, le sensazioni regalate dal mare silenzioso della Giordania (A filo d’acqua). E poi un amore passato (Coprimi gli occhi) e il futuro cantato sia in “Sarà d’inverno” che in “Un nome diverso” («Sarà d’inverno non è uno dei pezzi più immediati, ma mi rappresenta molto», dice). Una prova d’artista in cui emergono ancora più chiare le qualità di una cantautrice che non ha (più) bisogno di paragoni con le grandi donne del rock per fare capire di essere brava.

«I lavori a cui tenevo di più sono in questo disco – prosegue Micol – Scrivo tantissimo e butto tantissimo. E quello che butto, lo butto via al massimo in una giornata. Non rimugino. Haggis forse è l’unica traccia che è nata prima del disco: l’ho ripresa e riarrangiata. In generale in questo periodo ho giocato più con la musica, ma essendo sempre coerente con me e i miei gusti. Ho osato. Nel primo disco forse c’è stata più autocensura preventiva, perché avevo paura di sbagliare. Ora sono andata avanti e questo secondo lavoro me lo vivo divertendomi, ho la sensazione di non essermi tradita e di non aver tradito i miei ascoltatori. Poi le prime impressioni sono davvero buone, insomma vado tranquilla».

E Micol è pronta per partire. Il disco (distribuito da Discipline) è nei negozi e su iTunes dal 3 febbraio. Mercoledì 8 febbraio sarà presentato in anteprima all’Arci Biko di via Ettore Ponti 40 (ore 22.30) a Milano. Sabato 11 febbraio, ancora a Milano alle cinque del pomeriggio, è in programma lo show case alla Fnac di via Torino. Poi il 5 marzo appuntamento alla Salumeria della Musica e in diretta su Lifegate Radio per i RockFiles di Ezio Guaitamacchi («Avevo già fatto una trasmissione in studio con lui. Questa è un’ulteriore occasione di crescita, un buon salto»). A Milano a condividere il palco ci saranno Alessio Russo (batteria, percussioni), Roberta Cartisano (basso), Giovanni Calella (chitarra, mandolino), Raffaele Kohler (la tromba degli Ottavo Richter).

Cosa si deve aspettare chi l’accompagnerà nel viaggio? «Questo album vive il presente e racconta il futuro, a differenza di Copenhagen concende un’apertura totale all’immagine del futuro. Proprio perché il futuro dà l’impressione di rendere possibile qualunque cosa. È per quello che ci aggrappiamo in modo così forte, forse solo per darci una mossa».
Chiara Pederzoli