Sì, è uno scarafaggio. Ed è come voi Le sorprese della Biennale giovani

È uno scarafaggio, è proprio come voi e se vi avvicinate ve lo dice anche: nonè un disegno, o almeno non proprio. Il suo corpo è fatto della minuscola ripetizione di una stessa frase: I’m exactly like you. Un’altra sorpresa della Biennale giovani al Serrone di Monza, che ha invitato anche l’artista Alessandra Maio.
L’opera di Alessandra Maio alla Biennale giovani di Monza
L’opera di Alessandra Maio alla Biennale giovani di Monza Fabrizio Radaelli

Sì. È esattamente quello che sembra: uno scarafaggio. Ed è esattamente come voi. Niente offese, è nel suo dna, anzi nel suo profilo, composto da migliaia di ripetizioni di una sola frase in inglese, minuscola, illeggibile o quasi se non con una delle lenti di ingrandimento messe a disposizione dalla Biennale giovani: I’m exactly like you, sono proprio come te (guarda attraverso la lente di ingrandimento).

Lo ha fatto l’artista Alessandra Maio componendo il suo disegno su ventiquattro quaderni e quadernoni, proprio quelli che si usano a scuola.

Da lontano è quello che sembra: una blatta. O meglio: uno scarafaggio del Suriname, che stando alle scienze si chiama Pycnoscelus surinamensis e vive in zone tropicali e subtropicali, frequentando anche Texas, Lousiana e Florida. Da vicino è invece quello che dice, e dice quello che si legge lungo il suo corpo, una frase ossessiva che racconta di come le cellule che lo formano sono esattamente quelle del resto del mondo.

«La blatta qui rappresentata, particolare specie in grado di riprodursi per partenogenesi, diventa un pretesto figurativo per riflettere con ironia sulla precarietà dell’io che, entrando in contatto col mondo che lo circonda, si sente diverso e inadeguato», scrivono Teresa Meucci e Stefano Roffi, che hanno invitato l’artista bolognese nata nel 1982 alla Biennale giovani di Monza, aperta fino al 28 di luglio al Serrone della Villa reale.

«Nel linguaggio pittorico di Alessandra la parola si fa materia grafica capace di narrare nella libertà delle sfumature e volute con cui si dispone sul foglio. Più ci avviciniamo e più emerge il laborioso processo di realizzazione dell’opera. Ripetizione concettuale. Quello di Alessandra è un autentico bisogno di scrivere delle tracce continue che appena fissate su dei quaderni di carta si trasformano in immagine». Una scelta formale che a ritroso passa dalla poesia visiva e mette radici fino nelle invenzioni futuriste, nel 1913, ricordano i curatori, quando Filippo Tommaso Marinetti pubblica il manifesto delle Parole in libertà, che dichiara la fine della tradizionale sintassi linguistica in favore di una nuova libertà della parola.